1.31.2013

 

Il contratto per idioti


"Il contratto è in preparazione e lo presenteremo nei prossimi giorni. tra i piani c'è la riorganizzazione della macchina dello Stato per ridurne la riduzione delle spese.”
Quel tizio, statista.

Puoi dirlo, ne hai facoltà. Puoi dirlo perché gli analisti politici italiani, oggi, studiano le statistiche dei voti che ti porterà l’acquisto di un giocatore di pallone. Pare che l’affare sarà in gradi di farti guadagnare due punti percentuali. (Non di sutura, purtroppo.)
Puoi farlo, perché non c’è il buon senso, non c’è rispetto di noi stessi, non c’è senso civico, etico e morale, perché non fa orrore leggere che le banche nelle quali hai interessi anche tu, sono guidate con il modello di un’associazione criminale.
Puoi permetterti il lusso di continuare a registrare filmati pubblicitari, senza dover aggiungere in fine che oltre il contratto, in omaggio ci saranno anche due cuscini e un coprimaterasso in vero pelo di figa. Puoi farlo, perché c’è e ci sarà chi ancora una volta – dimentico e imbecille – penserà che la libertà di delinquere potrà essere un diritto acquisito per tutti i cittadini.
Puoi far tutto in Italia, perché pullula di idioti, è piena di gente che è stanca di lottare senza mai aver lottato sul serio, gente che sogna i sogni sbagliati, che si scoperebbe la bambina di un altro ma ucciderebbe se toccassero sua figlia, che ti denuncerebbe per aver evaso il fisco pur non avendo mai pagato le tasse. Gente che confonde il diritto col privilegio, il dovere come una tragedia che a lei non deve capitare.
Tu puoi, perché ormai tutto è mistificazione, tutto è perso e irrecuperabile. Perché avete insegnato al povero idiota che il degrado si chiama crisi economica, che il dissesto economico è figlio della crisi anziché del malaffare istituzionalizzato, perché se tutti rubano nessuno è ladro, se tutti delinquono i delinquenti siamo noi.
Potrai scrivere ancora mille contratti, e stai sicuro che troverai l’idiota pronto a controfirmare, perché il buon senso è cosa superata, perché la politica l’hai violentata, perché della morale hai fatto barzelletta, coprendo la tetta del Tiepolo e scoprendo le natiche delle figlie messe in vendita dalle madri, per un po’ di danaro, una foto sul giornale e forse un lavoro in TV, oppure in politica se proprio va male.
Fosse per me non potresti più. Oggi staresti senza guanti in fila davanti a uno sportello dell’INPS, ad incazzarti perché la pensione sociale non te la vogliono dare. Staresti a fare la fila alla Caritas, per vedere di trovare un paio di scarpe ancora buone per camminare, e chi se ne frega se non hanno il rialzo, per darti ciò che la natura ti ha negato.
Fosse per me non dormiresti pensando a tutti i figli che hai messo al mondo, che se pure hanno studiato, non possono sperare nulla di più di un call center, o di aspettare l’estate per andare a far divertire i vacanzieri a Sharm el Sheik. Fosse per me non avresti di che comprarti i trucchi, e usciresti da casa senza messa in piega, senza fondotinta, e nemmeno un po’ di fard, che se hai tre euro magari ti ci compreresti il pane.
Fosse per me, guariresti dalla tua fobia per gli odori molesti, e viaggeresti nei tram e sulle metropolitane, ad odorare gli odori della varia umanità, di chi suda e di chi scorreggia, di chi rutta l’aglio che ha mangiato l’altro ieri.
Fosse per me la crisi economica sarebbe già finita, perché avresti tanti altri amichetti con cui passare il tempo in fila alla ASL, alla posta, o in un ambulatorio di periferia. Tutti coloro con i quali hai perpetrato la razzia delle casse dello stato, la devastazione della mente di un paio di generazioni, lo scempio della civiltà italiana,  l’abominio compiuto nelle scuole.
Sì, tu puoi. Basta guardarti per pensare che tu puoi. In fondo sei l’emblema di questo Paese, vecchio, logoro e marcescente. Ti si ride in faccia, esattamente come il mondo fa con tutti noi.
Rita Pani (APOLIDE)

1.30.2013

 

Civiltà


 

Per chi dovrei votare?


Sono contraria all’abbondare di giudici in Parlamento, quanto sono contraria all’abbondare dei mafiosi, in Parlamento. Penso ancora – forse in modo anacronistico – che ognuno dovrebbe fare il proprio mestiere. Guardo la spazzatura che ormai ricopre ogni angolo di strada, e si erge laddove persino i muri son crollati, e penso che se i giudici fossero stati dentro i tribunali a perseverare nel compiere il loro dovere, forse alla fine avrebbero liberato l’Italia dalla mafiosità, e di conseguenza le strade dalla spazzatura. Ma l’ho detto in principio: io penso antico.
Penso, guardando con orrore queste strade simbolo di un paese finito, al tempo che si perde, e alla civiltà che non tornerà mai, e che forse in certi angoli di quest’Italia dimenticata, nemmeno mai si conoscerà, perché forse non c’è mai stata. Almeno non dopo l’ultima colonizzazione greca o fenicio punica.
Questa spazzatura non è più nemmeno merce buona da vendere in campagna elettorale, non serve più nemmeno alla promessa del miracolo da compiersi in quarantott’ore. Può star la esattamente dove sta, tanto ormai nemmeno la si vede più, abituati come siamo a calpestarla con le ruote dell’auto, a vederla come prima cosa la mattina quando apriamo le finestre ad un nuovo giorno. Fa parte della nostra vita, viene da noi, è nostra. Paghiamo per averla e paghiamo caro.
Siamo cambiati, siamo cresciuti. Siamo maturati con fatica al punto che non devono nemmeno esagerare con le promesse; non c’è bisogno che si impegnino a promettere di togliere le tasse. Siamo così svuotati che per sperare basterebbe credere di poterne pagare un po’ meno. Non c’è bisogno di promettere lavoro, basta promettere di fare in modo di non perdere quel poco che si ha. Non c’è bisogno di elaborate menzogne, bastano piccole bugie, omissioni di verità, negazione dei problemi e mistificazione, per far felice l’italiota. Certo, poi c’è chi osa di più, e si compra Balotelli.
Vanno così le promesse elettorali, quelle che una volta erano d’oro ora son di cioccolato (o almeno il colore è quello). Rivedere l’Imu, abolirlo, renderlo più elastico. Internet gratis per tutti. Giustizia giusta e rapida. Il sistema bancario italiano è solido. Rispetteremo gli impegni con l’Europa.  Bei propositi, ma a me torna sempre la stessa domanda: “E per la spazzatura, che si fa?”
Ci penso così tanto che forse ho persino trovato la soluzione: la si potrebbe dichiarare patrimonio dell’UNESCO e resterebbe là, accrescendo l’interesse turistico di tutto il sud degradato, alla stregua del pozzo di Sara, della casa di Cogne, del relitto della Concordia, del terremoto de L’Aquila o dell’Emilia dimenticata. Simbolo di un’Italia violentata, dissestata,  che per fortuna ha un ottimo e solido sistema bancario, ma non ha più gasolio per gli autobus che però, magari, avrà Internet gratis, e 100 euro di detrazioni in più.
Per chi dovrei votare?
Rita Pani (APOLIDE)

1.26.2013

 

Spegnete Corona


Potremmo anche fare finta che non c’è, che non esiste, e possiamo sicuramente affermare con fierezza che di Corona non ce ne frega niente, ma c’è. Ed è inutile negarlo. C’è in ogni giornale e telegiornale, il cialtrone che voleva essere un gangster, c’è con le sue dichiarazioni, con i suoi filmati, con la cronaca in tempo reale e presa diretta delle sue gesta da aspirante malavitoso, da criminale gentiluomo de noantri.
C’è nelle troupe televisive che per giorni hanno speso soldi (quando la RAI, purtroppo anche nostri) per stare accampati prima a Lisbona, poi a Milano per inquadrare il balcone della casa del fotografo cialtrone.
Ci sono le esclusive dei giornali, che non sono mai gratis, nei video infilati su Internet, dove “il messia” parla a suo figlio, con la pretesa di insegnargli.
E c’è proprio l’insegnamento che si è dato per anni alle generazioni che crescevano, e che si appostano in aeroporto o davanti al carcere che ospiterà questo nulla umano, che a tutti i costi si vuol far diventare un “paladino”, un esempio da seguire.
Ogni volta che la faccia del cretino appare su uno schermo, sempre pettinato nonostante la latitanza, con gli occhiali sempre giusti, con la maglietta falsamente sdrucita, e con un giubbotto di pelle che non basterebbe un mutuo per comprarsene uno, insegna qualcosa a chi lo guarda con la mente impoverita. Insegna che la fama è finire in un giornale o in un telegiornale. Che basta diventare qualcosa che possa essere venduto per essere “famoso” e che la fama, porterà danaro. La fama è altro.
Ha pianto, non ha pianto, non è un criminale, è solo un fotografo. Si legge tutto e il contrario di tutto a commento di questa notizia che non avrebbe nemmeno dovuto esserlo – una notizia – persino si legge lo sdegno per l’ingiustizia. E a questo punto che mi convinco che è inutile far finta che tutto questo non stia accadendo, che tutto questo disastro non sia già accaduto.
Il cialtrone è un fotografo che ha spiato e ricattato chi aveva più soldi di lui. È uno che venne preso in un distributore di benzina a spacciare banconote false, è un condannato da un tribunale italiano per un reato che evidentemente ha commesso, e per il quale deve andare in carcere. È un idiota, perché se non fosse scappato con la sua 500 (ma si può fuggire con una 500?) avrebbe presto usufruito di tutte quelle tutele legali, a cui in Italia ha diritto chi ha il danaro per pagarsi gli avvocati giusti, quelli che il loro dovere lo fanno proprio tutto e forse qualcosa in più.
Posso pure comprendere che in Italia ci sia bisogno di sviare il pensiero dalle cose importanti che ci cadranno sulla testa dopo questa farsa elettorale, ma è anche chiaro che se la stampa non avesse avuto riscontro dell’interesse malato che gente come questa – sottoprodotti di una televisione che produce mostruosità – genera nella gente quella con tre g … sapremmo di Corona lo stesso di quel poveretto che stamattina si è tolto la vita per disperazione. Nulla, nemmeno il suo nome.

Rita Pani (APOLIDE)

1.25.2013

 

L'Italia sì, è mesta


Cos’è l’Italia? L’Italia sono due ragazzi che camminano abbracciati, lei con i tacchi e una borsetta in tinta con le scarpe, lui con i capelli piastrati e in ordine più dei miei, che sciolgono il loro abbraccio per evitare  di calpestare tre buste di spazzatura sfuggite al mucchio, e finite in mezzo alla strada, e poi si ristringono. Come nulla fosse.
L’Italia è un comune sciolto per mafia, con le strade già strette, ridotte ancora dai cumuli di spazzatura, che ti ingiunge, per posta, l’integrazione di 90 euro per un servizio che non ti dà. E tu, costretto paghi.
L’Italia è quel che resta dopo un ventennio di catechismo che ha insegnato all’italiota il senso dell’ignavia. “Noli me tangere”. Non toccarmi. Che tutto stia lontano da me, in modo che io possa sentirmi alto e distante, non appartenente.
Quando poi, anche in modo brusco si ricade a toccare l’Italia con tutti e due i piedi, allora arriva il tempo del lamento, ma è sempre un lamento soffocato, pieno di rabbia sbraitata e che si spegne come una luce con un interruttore.
L’arroganza del potere l’abbiamo in qualche modo legittimata noi, continuando a sentirci sempre distanti dalle tragedie altrui, che al massimo son servite a rassicurarci avendo ancora un tetto sulla testa, un letto in ospedale, la carta igienica da comprare perché nostro figlio, a scuola, potesse all’occorrenza usarla all’occorrenza.
Il catechismo all’obbedienza e all’impotenza, ribadita fino allo sfinimento in quella frasetta che a tutti almeno una volta è scappata: “Tanto son tutti uguali, cosa possiamo farci noi?” Così abbiamo assistito ad anni e anni di ruberie, divenute sempre più spregiudicate, sempre più plateali fino ad abituarci e addirittura rassicurarci. La spazzatura per strada? Normale, in Italia rubano tutti … La mafia in Parlamento? Normale, l’Italia la mafia è sempre stata a Roma. Il nepotismo? Normale, in Italia tutti se possono aiutano il parente, figuriamoci quelli là.
Dicono che non sia tutta colpa di quel tizio malavitoso a cui abbiamo consegnato le chiavi di casa, se siamo stati ripuliti fino a questo punto, e forse è un po’ vero. La colpa è di chi glielo ha consentito partendo dal presupposto che la sua libertà di aggiustare i conti suoi, di riflesso avrebbe garantito anche a loro una certa libertà di spregiudicatezza. Mi inorgoglisce aver sempre pensato il contrario, anche se è un orgoglio che vale poco e mi fa mangiare meno.
Oggi che son passati quasi vent’anni di storia vissuta, siamo ancora qua con le stesse domande, con gli stessi problemi aggravati dalla rapina perpetua, e persino con le risposte che non abbiamo mai voluto darci veramente, ma sempre con la stessa speranza: che arrivi il nuovo Messia a portarci nella terra promessa, e non importa che egli sia un giudice o un giullare, l’importante è che sia diverso in un mondo dove tutti sono uguali.
Il futuro lo stano scrivendo in questi giorni, in cui cercano di occuparci in altre discussioni affascinanti: “Che ne sarà di Corona? Arriva oggi in Italia?” Poi ci saranno i giorni della passione: “Corona ha passato la prima notte in Carcere”. Dopo arriveranno anche le foto della cella, le petizioni, i diari del povero carcerato che lotta per tutti i carcerati. Poi sarà deputato.
Nel frattempo, ho sul tavolo il bollettino di 90 euro di integrazione TARSU da pagare, la strada dove abito ristretta dal cumulo della spazzatura. Sul tavolo del governo c’è il problema Monte dei Paschi, la banca che non si può proprio far fallire. C’è da salvare un’altra volta l’Alitalia, che una non era bastata. E ci sono i ricatti dell’Ilva, che anche là non si riesce a capire quale morte sia meglio augurare.
Ma di questo è meglio non parlare, son talmente tanti quei soldi che noi non riusciamo nemmeno ad immaginarli, noi che con venti euro ci dobbiamo pure arrangiare.
Continuiamo a discutere delle cose che ci piacciono di più, e soprattutto quelle che ancora riusciamo a comprendere: è giusto che un ricattatore vada in galera per sette anni, mentre un altro ricattatore rischia di andare al Quirinale per lo stesso tempo? È giusto che un magistrato faccia politica? Che male c’è se a un vecchio piacciono le donne giovani?
Tanto in Italia siamo tutti più o meno “ugualizzati”.
Rita Pani (APOLIDE)
PS
Io non pagherei i 90 euro, ma presenterei una denuncia per truffa, estorsione, tentata strage per disastro ecologico, e quant’altro sia ravvisabile per legge … ma son nervosa.

1.22.2013

 

Aridatece andreotti


Più che una rivoluzione civile, in un altro posto al mondo, uno a caso, saremmo nel bel mezzo di una guerra civile. Essere italiani in quest’Europa, ci salva.
Trovo intollerabile che ancora oggi, i fatti e gli accadimenti vengano scambiati per politica o elezioni elettorali. Quel che accade nulla ha a che vedere con la politica, e tanto meno si può avere l’illusione di essere in un periodo pre elettorale. Sembra più una guerra di mafia, che promette regolamenti di conti a mezzo stampa, per adesso. Veniamo da lontano, da Salvo Lima freddato in una pubblica via, eppure, paradossalmente, quella mafia era più discreta e più presentabile di questa.
Nick ‘o mericano che scappa con la carpetta piena è l’emblema di un paese devastato dalla nostra ignavia. Nick inseguito fino a Caserta dove viene costretto a rendere le carte. In Liguria protestano per quel seggio al senato promesso a Minzolini. In Toscana, non ci si capacita per la candidatura di Verdini, e via via tutti gli altri, fino a Scilipoti. Scusate, ma il capolista unico in tutte le regioni italiane? Il problema a questo punto, non è Nick, ma chi andrà a sostituirlo. Questo sì, potrebbe addirittura portare a una guerra. Di mafia.
Le prime pagine dei giornali di oggi, sono piene di questa politica. Noi stiamo qua a leggere e commentare, scordandoci persino di noi, che restiamo illusi di poter ancora partecipare al voto. È vero che nel mucchio di candidati e partiti ci sono anche le persone per bene, è vero anche che c’è chi vorrebbe provare a cambiare le cose, a ripristinare un minimo di stato di diritto, ma obiettivamente, ha senso infilare cinque persone per bene dentro un letamaio?
Credo non lo abbia. Le voci delle persone per bene, saranno così labili che nemmeno le sentiremo. Nulla potranno contro quest’associazione a delinquere, sponsorizzata dalle banche e dall’Europa, che a cuore hanno solo il controllo dell’economia e del territorio, e che non vedono l’ora di mettere in pratica il trattato di Lisbona.
Sia chiaro, ho usato ad esempio Nick ‘o mericano perché è il più significativo di tutti, ma la formazione delle liste elettorali (tutte e nessuna esclusa) è la prova provata che per cambiare davvero bisogna cambiare proprio tutto. Non siamo popolo da rivoluzione, né da guerra civile. Siamo magari più ben disposti al gesto spettacolare, magari con la speranza che qualche TV ci riprenda o ci intervisti. Siamo molto attratti da tutte quelle iniziative che chiamiamo festa, che non siano violente.
Allora perché, visto che ci piace tanto, non organizziamo un bel falò day? In tutte le piazze di tutte le città, grandi o piccole che siano, nelle frazioni davanti ai municipi e le circoscrizioni, incendiamo i certificati elettorali, o incontriamoci in milioni davanti al parlamento  a fare un bel falò. Perché partecipando a queste elezioni non faremo altro che legittimare un parlamento in cui siederà ancora la mafia, il malaffare, l’interesse privato, il ladrocinio, la diseguaglianza, il privilegio, e tutta la merda che ci abbiamo fatto accumulare nell’ultimo ventennio.
So che sembra azzardato, so che è consolante fingere di avere ancora un minimo di potere da far valere con una matita copiativa, ma continuo a credere che una persona sana non possa entrare in un posto contaminato, senza infettarsi a sua volta. Solo dopo aver disinfestato, vi si potrà entrare.
Rita Pani (APOLIDE)

1.21.2013

 

Il presentabile


Insisto: me lo devo. Perché il cronista al telegiornale ci avvisa che sta per aprirsi la “ricca pagina politica” e c’è pure ospite il vicedirettore di un giornale. I convenevoli e poi la prima domanda politica: “Lei crede che davvero Cosentino sarà candidato perché in grado ancora di ricattare i vertici del partito?” La domanda già di per sé poteva essere sufficiente a far sgranare gli occhi a quelli come me, ma la risposta non si è fatta attendere: “Sì, anche io penso che Cosentino sarà candidato, ma non posso affermare che abbia materiale per ricattare …”
Se questa è politica, che ne è della cronaca giudiziaria? C’era anche quella, per amore della verità. C’erano le dichiarazioni della giudice Bocassini, che sta processando il candidato alla carica di Imperatore, per concussione e prostituzione minorile, e le dichiarazioni del deputato avvocato, che chiedeva la sospensione del processo. Sospensione che di fatto non ci sarà, anche se la sentenza del Presentabilissimo, verrà enunciata solo a cose fatte. E le cose, son le elezioni democratiche di una Repubblica democratica. Questo l’accordo che un imputato ha stipulato con il tribunale che lo giudica.
Potrei dilungarmi ancora, mentre dall’altra stanza giunge l’eco di percentuali di sondaggi ai quali, io, non so perché non partecipo mai. C’è chi scende, c’è chi sale, c’è chi si candida e chi no. Chi è troppo impresentabile, chi invece farà un sacrificio sebbene sia un perseguitato dai giudici. Ci sono servi nuovi che sostituiscono i vecchi, ormai troppo usati per poterli riproporre a un “pubblico” ormai annoiato. Minzolini, per esempio. Presentabile, nonostante sia stato cacciato dal posto di lavoro che lo stesso padrone gli aveva procurato, per aver rubato i soldi dalla cassa. Presentabile, sì.
E allora mi dico che forse non sbagliavo quando ragionavo al contrario. E nemmeno si sbaglia a ragionare sulle cose e sul loro contrario. Stiamo qua a rivendicare il diritto di avere diritti, e non sappiamo più bene nemmeno quali essi siano. Al lavoro, alla sanità, all’istruzione … tutto così vago, così miserabile. Quasi chiedessimo il diritto alla sopravvivenza. A me non basta più.
Voglio avere il diritto di contrattare con i giudici che mi perseguitano. Voglio rubare e restare impunita per avere il diritto d’essere candidata, proprio come se mi si salvasse il culo, o mi si desse la possibilità di far soldi devastando il paese che mi ospita. Voglio avere il diritto di non aver obblighi né morali, né civili. Voglio il diritto di delinquere ed essere chiamata onorevole. Non voglio lavorare, voglio lo stesso diritto al privilegio che ha maturato questo esercito di schiavi e malviventi  a cui tutto è dovuto e nulla richiesto.
Voglio una semplice vita normale, di un italiano qualunque, felice di aver evitato di prenderla in culo, semplicemente sodomizzando quello che veniva prima di lui nella fila.
Perché alla fine, è proprio così che funziona, salvo poi lamentarsi quando qualcuno arriva dietro di noi.
Rita Pani (APOLIDE) 

1.20.2013

 

Prossimamente


 

Roma


1.18.2013

 

I pm che incidono sul voto


Il mio problema è che non riesco ad adeguarmi, a “normalizzarmi”. Vorrei tacere, ma poi esprimermi diventa necessario, perché tacendo finirei per normalizzarmi anche io, finirei quindi per essere complice di questo sistema che ho iniziato a rifiutare e combattere troppo tempo fa.
“Le parole sono importanti” recitava Nanni Moretti strappandoci un sorriso, che col tempo e con la storia ha finito per sembrare quasi una paresi.
Io non posso fare finta che sia normale stare ad ascoltare le dichiarazioni dell’avvocato di un tizio malavitoso, che come se nulla sapessimo, torna per l’ennesima volta ad appestare le nostre vite. Io non posso credere che un avvocato intento a tutelare il suo assistito, possa sovvertire il senso dello stato.
Non è normale sentirsi dire che “i pm incidono sul voto”, senza che nessuno prenda posizione per ribadire fino alla nausea che in un paese normale un tizio che ha sulle spalle un numero abbondante di processi in corso, non dovrebbe essere candidato nemmeno alla carica di amministratore di condominio.
Non è normale questa campagna elettorale, fatta di “nomination” più che di contenuti. Di calcoli matematici più che di programmi che diano risposte al malessere che ormai è disperazione.
Persino gli improbabili rivoluzionari civili, si trovano oggi a dover discutere di seggi protetti, candidature blindate, sacrificando il poco di civiltà che erano riusciti a trovare, per garantire la protezione di chi al beneficio personale non sa proprio rinunciare.
La bufala delle primarie del PD, che premia un operaio e salva le chiappe a chi non ha avuto la dignità di dire basta – che certo non sarebbe andato a fare la fame, visto che le loro pensioni non si discutono mai – che presentano al popolo un’altra illusione che è solo più decente di quelle proposte da una lega nord, fatta di ladri di polli, e ignoranti arricchiti, che hanno odorato il profumo dei soldi italiani, sfruttando l’altra ignoranza di coloro che rappresentavano e promettendo ancora le stesse promesse, di questo nord, che non si capisce più nemmeno cosa sia, con i confini tracciati a matita e pure sbagliati, da un borghezio che i sogni gli ha ereditati da Hitler, ma non è buono manco ad essere un imbianchino.
E ogni giorno sentiamo parole lanciate col megafono mediatico, che se ci ricordassimo di quanto potremmo essere intelligenti, volendo, gliele ributteremo tutte indietro anche a quel giullare che non mi ha mai fatto ridere, che porta in giro il suo Tsunami tour, con onde anomale di cazzate cosmiche, una al giorno per far effetto sui poveretti che proprio non ce la farebbero a sopportare la fatica di pensare. Pensare a un Italia senza il sindacato … e per sindacato non intendo quelli che si sono “normalizzati” ma quelli che sono rimasti fedeli al senso della lotta operaia, che ci aveva portato ad avere lavoro e salario insieme ai diritti. Per sindacato non s’intende la feccia berlusconista che ha svenduto lo statuto dei lavoratori a Marchionne, ma tutte quelle donne e quegli uomini che senza megafoni combattono giorno dopo giorno per salvare almeno la dignità, e che aiutano l’operaio o il lavoratore a non smettere di sperare.
Ma questa è ormai la regola dell’Italia sovvertita, dove è normale ciò che neppure dovrebbe esistere nel peggiore dei nostri incubi. Dove la vita è un incubo che ci terrorizzerà ancora. Perché ancora abbiamo da imparare.
Rita Pani (APOLIDE sgomenta)

1.17.2013

 

Voglia d'asfalto


 Almeno una volta, quando c’erano le elezioni si asfaltavano le strade. Alla bell’e meglio, certo, però poi facevano anche le strisce bianche che sembrava tutto nuovo. L’asfalto durava poco, ma un po’ più delle elezioni. Qua piove da due giorni,ogni tanto trovi una transenna per strada, e non proprio una transenna. A volte, per esempio, nel buco che s’è formato ci infili la prima cosa che capita, così che almeno non si provochino incidenti, e allora capita che in mezzo alla strada si erga un cassonetto giallo per l’umido o un pianale di legno. Ma qui nemmeno l’asfalto ti possono promettere, che manco c’è il sindaco. Ci sono i commissari. Succede nei comuni dove è passato un pdl a governare, che se lo sia portato via la polizia, che sia inquisito, in odor di mafia o di polenta poco importa.
Mi piacerebbe sapere, in questo tempo di crisi economica, che pure Poste Italiane si è inventata un modo per strozzinare i suoi correntisti, con prestiti al 17% d’interesse, a quanto ammontano le quotazioni del voto di scambio. Forse insieme al pacco di pasta ci aggiungeranno due etti di parmigiano e quattro carciofi. Poi a dire il vero, è da un po’ che non s’usa più scambiar favori con danaro. Le ultime corruzioni che ci ha consegnato la storia parlavano di scambio in carne umana: appalti per zoccole. Il faccendiere seduto su uno scranno istituzionale, i soldi se li fregava direttamente con delibera consiliare. Manco a dire che dovesse sporcarsi le mani. Sì, era peculato, ma con una delibera istituzionale è più complicato da dimostrare. I soldi erano del partito, per il partito da spendere dai proprietari del partito, e quindi se il consigliere regionale fuma, o mangia lecca lecca … sarà davvero peculato?
Sto andando oltre. L’asfalto. Mi ricordo che veniva subito dopo le strutture di legno per le affissioni dei manifesti con quelle facce brutte, ma serie. Sembravano tutti impalati, e non sorrideva mai nessuno. Slogan brevi e incisivi. Che te ne ricordavi. Poi c’erano le promesse che avevano senso. Mi ricordo quei comizi in cui il politico ti prometteva di avere cura del tuo salario. “Il salario non si tocca!” Già, c’era il “non si tocca” che familiarizzava con i lavoratori. Conservare il salario, perché a nessuno poteva venire in mente di poter perdere il lavoro, una volta che dopo tanta fatica ne avevi conquistato uno. Poi asfaltavano le strade, e quando volevano osare di più, disegnavano anche i parcheggi, o cambiavano qualche cartello della segnaletica stradale. E c’era aria di nuovo tutto intorno.
Mi piacerebbe sentire uno che mi guardasse negli occhi, parlandomi, e mi spiegasse non cosa, ma come la farà quella cosa. Mi piacerebbe che uno mi dicesse come mi renderà la civiltà. Come farà sì che si possa tornare al lavoro. Come potrò domani curarmi in un ospedale italiano, come farà a non far chiudere quello stesso ospedale italiano. Mi piacerebbe sapere come pensa di ripristinare i miei diritti minimi, persino quello di avere qualcosa per cui valga la pena di protestare. Persino il mio diritto di tornare ad aver voglia di partecipare.
Avrei persino voglia di sentir odore d’asfalto nuovo-
Rita Pani (APOLIDE)

1.15.2013

 

E la libertà di stampa?


La sovraesposizione mediatica del tizio demente e debosciato non è un mio problema. L’ho risolto evitando accuratamente ogni trasmissione finto giornalistica che lo utilizza per aumentare gli indici d’ascolto e di conseguenza il potere contrattuale della singola rete o del singolo anchorman, che ormai, giornalisti non si può più dire.
Il problema, semmai, è che non siamo più né cittadini, né elettori ma solo probabili consumatori a cui vendere detersivi che lavano bianco e non inquinano i fiumi, o mangiare cioccolato che non ci fa né ingrassare né riempire il viso di brufoli. E più compriamo i prodotti venduti durante le false dispute politiche in televisione, più aumenta, appunto, il potere contrattuale del falso paladino dell’informazione e della libertà, che potrà così ottenere il prossimo contratto di lavoro con almeno uno zero in più.
Ogni volta che uno di noi si rifiuta di cambiare canale, o spegnere la televisione quando appare questo o quello, acconsentiamo che vengano lesi i nostri diritti e la nostra dignità. Ogni volta che si guarda una di queste arene senza leoni, l’anchorman gode perché ci sarà chi aumenterà il suo prezzo di vendita, chi lo coprirà d’oro in funzione dei soldi che sarà capace di procurare alla rete televisiva che lo comprerà.
Questo è quello che oggi chiamiamo politica, questo è quello che lasciamo che succeda, facendoci pilotare sempre da menti raffinate che di noi, della vita, della pioggia che squarta le strade, della spazzatura che alimenta topi grandi come bambini di sei anni, della fame che uccide i disperati, se ne fottono altamente.
Persino i politici antitelevisione, continuano a blaterare il loro disprezzo per la televisione, solo per esservi catapultati all’interno, a rilanciare i loro slogan vuoti di ogni senso, sempre più simili a ritornelli da imparare a memoria, capaci di uccidere qualsiasi domanda tenti di nascere.
E che ne è stato delle lotte per la libertà di stampa? Per il diritto di informarsi? Tutto fu delegato alla Rete, il miglior veicolo delle idee; dicevano. Eppure anche oggi nella grande Rete libera e pura, non si fa altro che rilanciare le dichiarazioni del padrone delle TV, che trova spazio ovunque, proprio perché capace di tenere incollati agli schermi tutti i probabili consumatori, che magari staranno là solo per osservarne una volta di più l’orribile e ridicola maschera di gomma (merda sarebbe offensivo), che quel tizio indossa con molta disinvoltura.
I giornali, dal canto loro, non sono da meno: anche loro vivono di pubblicità. Non hanno di meglio da fare quindi, se non allinearsi e provare a raschiare qualche briciola di spot. In una pagina intera dei giornali on line – la Rete libera – almeno quattro notizie riportano esattamente tutte le idiozie televisive e antitelevisive, facendo sì che il ragionamento e la notizia non ci siano. Che tutti siano convinti di informarsi disinformandosi.
Dicono ancora che allora tocchi a noi; noi che siamo gratis. Eppure è strano, perché noi che siamo gratis, che non ci gira il danaro intorno, continuiamo ad essere nessuno. Poveracci, ci chiamano, che pestano tasti così come una volta consumavamo inchiostro, che restava là dopo essere passato inosservato. Il problema è solo trovare qualcosa da aggiungere in questa enorme pozza di vomito che ci circonda. Quale contributo costruttivo si potrebbe dare a questo periodo infame che solo distrugge?
Rita Pani (APOLIDE)



1.14.2013

 

215 e forse son pochi


Archiviato l’impegno della presentazione del libro a Roma – faticosa ma molto gratificante – torno alla quotidianità, in attesa di immergermi in altri più onerosi impegni. Ed eccomi qua, davanti al bipolarismo perfetto raggiunto, finalmente, anche in Italia: solo 215 simboli presentati per le prossime elezioni. Le schede elettorali saranno rilegate in brossura, e avranno l’indice alla fine.
Leggo le dichiarazioni dei candidati, non vi è scritto nulla delle strategie per il recupero e la restaurazione del diritto al lavoro – base fondante della nostra Repubblica – ma almeno sappiamo chi non sarà badante di chi, e soprattutto comprendiamo che quel tizio debosciato resterà perfettamente uguale a sé stesso, ponendo il suo nome sotto al simbolo: berlusconi predemente.
Per non rischiare il voto dei leghisti, maroni è costretto a spiegare che il tizio sarà solo il predemente del partito, e che non intendeva certo dire che si candida a premier, dato che il vero leader del nord, sarà lui. Non fa una piega! È talmente idiota come spiegazione, che i leghisti si son subito tranquillizzati, proprio come se una cosa come berlusconi, davvero potesse cedere il potere al mozzo di bordo. Proprio come se fosse una cosa seria il suo impegno in politica. I leghisti ci credono, loro hanno una fede spropositata.
Il fatto che gli avvocati del debosciato stiano per chiedere l’interruzione del processo Ruby (sfruttamento della prostituzione minorile) avvalendosi del legittimo impedimento per la campagna elettorale, è ovviamente propaganda comunista. Il 75% delle tasse tornerà al nord, la lega non ruberà più, e il debosciato sarà solo un gregario utile ad ottenere il potere per avere al fine la secessione.
Poi ci sono i pennivendoli. È una brutta razza, pericolosa, che pilota la campagna elettorale. Ultimamente, i pennivendoli, hanno riportato sui giornali dichiarazioni farlocche del guru Grillo, a proposito di ragazzi di casapound, che volendo potrebbero far parte del movimento, qualora avessero idee coerenti con quelle di Casaleggio. Ora, a proposito delle dichiarazioni su casapound, è molto probabile che la voce registrata durante un’intervista al guru, non fosse la sua ma quella di un imitatore. In fondo, chiunque voglia far quel tipo di spettacolo, ha tra i suoi cavalli di battaglia Beppe Grillo e Mike Bongiorno. Io non dico nulla, ma non sono sospettabile. Non c’entro. Avendo davvero a cuore la Costituzione Italiana, non mo sarei mai azzardata a chiamare uno di casapound “ragazzo”, avrei detto meglio “pezzo di merda fascista”. Pennivendoli o no, quindi … grillo si potrebbe anche mandare a fare in culo da solo, una volta tanto, così per espiare e chieder scusa a tutti quei bravi ragazzi a cui ha lavato il cervello.
Che altro c’è? Cosa mi son persa? Magdi “Cristiano”Allam candidato premier. Il lavoro? La scuola? La sanità? Lo stato sociale? No! Basta Moschee e fuori dall’Euro.
Amen.
E molti auguri …
Rita Pani (APOLIDE)

1.09.2013

 

Grottesco e atiscente



Così mi pare essere tutto intorno. Avendo avuto la fortuna di cambiare residenza meno di un anno fa, e guardandoci bene, tutto intorno, ho deciso che nemmeno ritirerò il certificato elettorale, sebbene in modo solerte il comune mi inviò tempo addietro, con una lettera, a farlo. Voglio proprio che lo sappiano che io a questa cosa non parteciperò, e non solo perché vivo al sud di questo paese smembrato, anche se questo fa per me aggravante, ma perché temo che sia tutto un ologramma.
Siamo onesti, in quale altro paese del mondo intero, i cittadini potrebbero subire l’insulto di ritrovare quella faccia di gomma (che dire merda forse è reato) in ogni dove? Quale paese civile avrebbe permesso a quella nullità di imperversare in televisione a negare evidenze, a rivolgersi a un popolo allo stremo con quel tono da insegnante di sostegno che si rivolge ai propri alunni deficitari?
Quale altro paese avrebbe potuto tollerare non solo la sospensione della democrazia, ma peggio, quella del tempo? Sembra di essere tornati indietro così che si potesse cancellare la storia, al punto che oggi, le televisioni che martellano e rincoglioniscono un popolo ormai prono, potrebbero tranquillamente trasmettere le repliche, come un tempo si faceva con le telenovelas sudamericane, che non finivano mai. Tanto, nonostante vent’anni, pure quella faccia è sempre la stessa, forse solo ormai troppo piena di sostanze chimiche che, evidentemente, devono avere recato qualche danno anche alla materia cerebrale.
È persino inutile rimarcare le idiozie dette in televisione da quel tizio debosciato, grottesco e fatiscente e rilanciate come un megafono dai giornali, che sembrano impazziti anche loro. Mi sembrerebbe di offendere chi legge, se mi attardassi a spiegare di una crisi economica negata da chi si candida a guidare l’economia di un paese, o di mafia, o di tangenti, mazzette, troie, nani, ballerine. Tutto è già stato detto e sarebbe tempo (o sarebbe stato) di fare un passo avanti.
Le nuove energie ci sarebbero pure, e mi riferisco a Ingroia, che però troppo presto ha voluto rischiare. Non era ancora tempo, bisognava aspettare che il popolo per primo facesse un passo avanti, che mostrasse d’aver capito che era il tempo di cambiare. Da noi doveva venire il messaggio forte, che invitasse tutti coloro che promettono novità a scappare da questo paese che hanno devastato come se ci fosse stata una guerra. Doveva attendere, Ingroia, che il popolo maturasse. E questo non avverrà. Non ancora almeno.
Bisogna attendere che muoiano i vecchi che oggi con soli 900 euro riescono ad alimentare loro e un paio di figli loro, bisogna attendere che la gente si disabitui alla spazzatura che intralcia ormai anche il traffico urbano invadendo le strade e le piazze. Bisognerà attendere di vedere i “Fratelli d’Italia” nuovamente seduti in parlamento, le figlie dei fascisti senatrici – non in grado, certo di essere all’altezza di quel bastardo di papà – o i mafiosi tutelati dalle liste d’apartheid.
Bisognerà attendere che anche in Italia nasca un Evo Morales, uomo del popolo per il popolo. Ma qua vado già oltre la fantascienza, e sarebbe troppo anche per me.
Rita Pani (APOLIDE)

1.07.2013

 

Vuole essere ministro


Chi mi legge con pazienza, sa come la penso su questa cosa che si ostinano a chiamare politica: siamo cavie umane che qualcuno – non so chi – da tempo sottopone ad esperimenti. Fallito il test sul grado di sopportazione, ora semplicemente si attardano con la speranza di comprendere, in fine, quale livello di deficienza si possa riuscire a toccare. Posto che si pensava di non vederci arrivare più in basso di così, aumentano l’intensità dei test, e attendono. Non c’è altra spiegazione.
Altrimenti come dare senso a queste cose?
C’è l’accordo tra pdl e Lega. Al Fano presidente del consiglio, e il tizio all’economia. In effetti, se gli studiosi fossero stati un po’ più accaniti e bastardi gli avrebbero imposto di comunicare alla nazione che avrebbe ricoperto il dicastero di grazia e giustizia, ma evidentemente devono aver conservato un po’ di pudore.
La regione Lombardia, invece, verrà assegnata – come da accordo stipulato – al leghista Maroni.
Se questa è politica, io sono la Fata Turchina, ma tant’è. I giornali son già pieni e i telegiornali rilanciano la notizia al ritmo dei tam tam. Tutto serio, tutto reale. Tutto questo dovrebbe essere il nostro futuro.
Ve lo immaginate davvero quell’idiota, malfattore, evasore fiscale, corruttore come ministro dell’economia, in Italia? Io sì. Me lo immagino eccome.
Me lo immagino perché guardo anche dalle altre parti, dove i neo rivoluzionari civilisti, assoldano candidati degni di rispetto per le tragedie che hanno vissuto, per il lavoro che hanno svolto, ma assai poco hanno a che fare con quella che dovrebbe essere la politica. Pare quasi davvero che la vendetta privata sia un requisito ottimo per poter accedere alle cariche pubbliche. Le guardie contro i ladri a sfidarsi nel parlamento Italiano.
Finirà esattamente come tutto iniziato: meglio questo che è un uomo onesto, che quello che è un ladro. Meglio il ricco che non ha bisogno di rubare. Meglio Grillo che impone ai suoi di non toccarlo nemmeno il danaro, (che il resto sta già diventando storia).
Non c’era modo migliore di ricominciare le nostre attività in questo 2013, che con un paio di colossali cazzate.
Temo che il giorno del reset, del vero rinascimento, sia assai lontano, ancora. I nostri osservatori avranno ancora da lavorare, da studiare, soprattutto dopo le elezioni, quando sarà chiaro che assai più della metà degli aventi diritto a legittimare questa ignobile farsa, non si saranno recati alle urne, e gli irriducibili, invece, avranno apposto la loro ics sui simboli di quest’Italia mortificata, con un Sud al quale si può addirittura sputare in faccia con l’abominio della Lista “Grande Sud”. Una sorta di succursale del voto berlusconiano, che candiderà tutta la feccia mafiosa e malavitosa ritenuta impresentabile persino nell’Italia dei furti di lecca lecca e sigarette.
Nessuno mi convincerà mai che tutto questo ha un senso politico. Nessuno riuscirà mai a farmi abbandonare la teoria dell’esperimento scientifico. Nulla di questo può essere reale.
Rita Pani (APOLIDE)


1.05.2013

 

Nonsenso civico


Peccato! Se solo fossimo stati un po’ più disattenti, ignoranti e superficiali, avremmo potuto anche credere di aver in qualche modo vinto la nostra battaglia per la civiltà. Se ne fa grande uso, in questa campagna elettorale farlocca, iniziata ancor prima di iniziare, del termine “civico”. L’uso tutto italiano capace di diventare abuso, e quindi capace di svilire il senso puro delle nostre bellissime parole.
Ingroia e la sua Rivoluzione Civile. La scelta civica di Monti. La società civile così tanto evocata nei discorsi e nelle ramanzine alla nazione. Esattamente come accadde per il termine “libertà”, o “democrazia”, ci apprestiamo a veder cancellato dal senso delle cose, il significato della civiltà.
Nessun dubbio sull’impegno di Ingroia, e infatti il suo carisma è durato meno di un giorno; ma trovo intollerabile l’abuso del Professore, che in quanto a civiltà dovrebbe tornare ad essere alunno, ed imparare.
Prima lezione, per esempio, sarebbe un’iniezione di umiltà. Seconda una passeggiata nella realtà. Terza la verità.
Comprenderebbe come ci si sente ad esser chiamati ad una scelta civica, in un paese che di civile non ha più nulla.
Si affacciasse dal mio balcone, il Professore, prima di venire a parlarmi di senso civico. Guardasse la spazzatura che invade le strade, le piazze e i cortili di una città qualunque di un sud dimenticato, prima di chiamare me alla scelta responsabile. Comprendesse come quella spazzatura rappresenti esattamente un nuovo modello di inciviltà, creato da chi per anni ha depredato le casse dello stato, fottendosene dei cittadini, delle leggi, delle regole e dello stato.
Salga su un treno (uno di quelli per i comuni mortali) faccia un giro tra la vita quotidiana delle persone che non si vedono, di coloro che pare non esistano, ignorati anche dalla fatica dei nostri miserabili sguardi, e poi ci richiami un’altra volta al senso di responsabilità.
Non posso accettare lo scippo dell’identità di “società civile”, da parte di questa gente, e non posso accettarlo in questi tempi di follia collettiva, che impedisce di discernere tra giusto sbagliato, tra legale e illegale, tra civile, appunto, e incivile.
Non ci si può e non ci si deve lasciar confondere e derubare anche di questo, perché le parole sono importanti, e la realtà per quanto devastante non può continuare ad essere ignorata.
Rita Pani (APOLIDE)

1.02.2013

 

Presentazione "Quattro alberi di Magnolia"

12 Gennaio, ore 17, Roma



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