8.19.2013
Ieri come oggi
Mi ricordo che una ventina d’anni fa – o forse più – a Carbonia,
la mia città d’origine ci fu una fortissima siccità che lasciò a lungo i
rubinetti delle case asciutti. Ricordo anche che allora come oggi – perdonate la
digressione - i cittadini venivano dopo
l’interesse privato, perché, allora come oggi, per esempio, l’acqua non mancò
mai alle fabbriche. O non proprio, dato che oggi l’acqua c’è ma non ci sono più
le fabbriche.
Non si sapeva più come risollevare le sorti dell’agricoltura,
o come dare sollievo ad ampie zone cittadine che per mesi non ebbero che la
poca acqua razionata portata dalle autobotti, fino a quando uno dei parroci
della città ebbero l’illuminazione. Tirarono fuori una santa – forse Santa
Barbara protettrice dei minatori – e la portarono in processione con la
speranza di ottenere un’intercessione presso Dio e tornasse finalmente a
piovere. Del tempo ne passò, poi piovve. Non si ebbero notizie dell’avvenuto
miracolo; semplicemente la natura decise per noi.
Mi è tornata in mente quella disperazione, leggendo l’aumentare
delle suppliche a Sant’Antonio da Padova, ai piedi dei quali i pellegrini
depositano i loro curricola, con la speranza di poter trovare un impiego. Ed è
segno del tempo cambiato, forse perduto. Quello bello in cui ai Santi si
chiedeva un po’ di salute e una schedina vincente del Totocalcio, prima che
anche il calcio diventasse una propaggine del capitalismo e della finanza
creativa, attraverso il quale si possono attrarre e distrarre capitali, da
mettere al sicuro acquistando uomini e pagandoli come materia prima pregiate.
Ma anche qua, forse, son caduta nella digressione.
Insomma, nemmeno questo, oggi è come ieri. O meglio non lo è
più da un pezzo. Da quando iniziarono a sottoporci alla “cinesizzazione” di
massa, con quelle belle pubblicità – ma che strano! – con le quali ci
spiegavano che attraverso le agenzie private, trovare lavoro sarebbe stato più
facile e perfetto: ad ognuno il suo secondo le proprie capacità. E quella
memorabile, che amo oggi come ieri, dello splendido cinquantenne che avrebbe
potuto finalmente scegliere quando smettere di lavorare, per poi riciclarsi e
scegliere un lavoro costruito sul suo tempo, sulla splendida vita da trascorrere
con la sua famiglia, con i nipotini futuri, e perché no? con la sua giovane
amante.
È sempre triste iniziare a scrivere un pezzo cominciando con
“mi ricordo”. Segna il tempo vano trascorso da quando ancora avevamo fiducia in
noi, a quello in cui la vita ci ha segnato tanto, da non lasciare più alcuna
illusione. E non è malinconia, ma proprio tristezza; quella che mi assale
guardando al mondo che abbiamo contribuito a distruggere, regredito al punto
che ho sentito gente felice per uno spread mai così basso o esimi giuristi che
discutono per “l’agibilità politica” di un delinquente incallito. Una tristezza
amara quella di dover ammettere che almeno il tempo in cui si portava a spasso
una Santa, per far la danza della pioggia, nessuno avrebbe trovato strano dare
una mano a centinaia di naufraghi approdati su una spiaggia.
Ed è ancor più strano che ieri come oggi, al governo c’era
la DC
Rita Pani (APOLIDE sconfitta)