7.30.2013
I condannati siamo noi
Chi
crede, magari, oggi pregherà prima di spegnere la luce sul comodino. Perché sì,
a volte son strane le preghiere. Pregheranno per la galera, per la condanna di
un tizio evasore fiscale, in odore di pedofilia, un tizio che se fosse stato
uno qualunque, avrebbe addosso i calli della galera.
La
gente è strana. Sta la in attesa di una sentenza e si pone domande sul prima e
sul dopo, sullo Stato, sulla politica. S’interroga sul futuro di una nazione a
seconda dell’esito di un verdetto di cassazione, di un verdetto da codice
penale.
Ha
evaso le tasse, ha creato fiondi neri, ha fatto quelle manfrine che fanno gli
imprenditori disonesti. Ha rubato, e per rubare di più è “entrato” in politica,
così che i suoi avvocati – promossi deputati – potessero cambiarlo il codice
penale, e lui potesse essere più libero di rubare senza tante preoccupazioni. Favorendo
così non solo sé stesso, ma tutta quella “classe” imprenditoriale, che alla
fine ha potuto evadere il fisco, mangiarsi le imprese, relegare il lavoratore
allo status di schiavo, privandolo dei diritti minimi e a volte –troppo spesso –
anche della dignità.
Oggi
si attende domani, si seguono addirittura le quotazioni dei bookmakers che al
momento paiono divisi, si ripercorre la vicenda, si insinua anche il reintegro
del giudice Carnevale (l’ammazza sentenze) per l’occorrenza, come se la
corruzione in Italia si fosse fermata con lui.
Si
spera ma si fanno i calcoli che finiscono sempre con un risultato che non
piace: “in galera non ci andrà mai.” Proprio come se avessimo scordato i suoi
scrittori di leggi, e tutte le altre porcherie.
Ma c’è
di più in questa speranza, c’è quella voglia di vendetta che è difficile non
provare. Forse anche solo per non ammettere di essere consci della realtà,
ossia che comunque andrà domani, gli unici ad essere stati condannati – e non
da ora – siamo noi.
Rita Pani (APOLIDE)
7.27.2013
Piovono banane
Ne
avrei cose da dire, cose che premono nell’animo, ma le dita si bloccano quando
nella memoria torna la voce di mio padre, malato e vecchio, che mi dice: “Questo
mondo è diventato un posto orribile in cui stare.”
Non
so a cosa si riferisse, e nemmeno ho voluto domandare, ma è pesante per me
sapere che anche lui, e la sua stanchezza hanno la mia stessa percezione.
E se
avessi potuto, gli avrei detto in più: “ Papà caro, mica e solo il mondo ad
essere brutto; noi lo siamo di più!”
Come
allo stadio, leggo, ai negri si tirano banane anche se son donne, e son donne
ministro. E il mondo per bene inorridisce, e insieme a lui inorridisce anche il
mondo per male. E inorridisce persino il leghista che non ci sta al piover di
banane: “si deve aver rispetto di chi non la pensa come noi!”
Zaia,
mi dica, quale è la differenza di pensiero tra un coglione che tira banane a un
negro e una negra che oltre ad essere una cittadina italiana, riesce ad
esprimersi meglio di un leghista, con un italiano più corretto, e persino con
più grazia, eleganza e ironia?
Ha
ragione mio padre, con tutta la sua malattia: “Questo mondo è un mondo
orribile.” Orribilmente cieco e sordo, stupido e rincretinito, piegato,
addomesticato. UN PAESE DI MERDA. (Vilipendio? Rea confessa, accomodatevi pure)
Poveri
fessi noi e la nostra indignazione!
Siamo
il paese in cui un tale fece ministro un nano più basso di lui per far sì che
la sua bassezza no fosse troppo avvilente, dinnanzi ad una fotografia istituzionale
(e chi se ne frega, se magari nel mentre toccava il culo a un pompiera, o alla
cuoca di una mensa, o all’operaia russa?).
Siamo
il paese in cui, il governo della farsa più ridicola che c’è, mette una negra a
parlar di immigrazione, non per la sua intelligenza, non per la sua esperienza,
non per le brutture che deve aver subito, visto o sofferto, ma solo per il
colore della sua pelle, da spender come moneta di scambio con chi ancora si
illude del progresso, e della crescita etica e morale del futuro.
Sì
il mondo è diventato un posto orribile in cui stare, ora che piovono banane
come fosse manna. Un posto orribile in cui, la solidarietà data ad una persona,
in un frangente di manifesta inciviltà, suona come una musica stonata.
Voglio
dare tutta la mia solidarietà alla Ministro Kyenge, per essere stata fatta
ministro così che un coglione potesse tirarle banane, e una manica di coglioni
potesse ripulire la sua squallida e sverniciata facciata. E il mondo Italia,
alla fine, riuscisse ad apparire meno orribile di quel che è.
Ben
ritrovati. Son di nuovo qua, sotto la pioggia.
Rita
Pani (APOLIDE)
7.11.2013
La storia è complicata
Quindi?
Andiamo a votare, che sennò la gente spara.
“Bravo!
Grande! Illuminato!”
“Alle
urne! Alle urne!”
E mi
perdo nei meandri di un labirinto sempre più intricato, dal quale mi è
impossibile uscire.
Dunque
mi fermo e cerco di rimettere insieme i pezzi della storia.
“Governo
subito con le larghe intese – cacca, vomito, schifo buuuuuu – e prima di tutto
nuova legge elettorale.”
“Voto,
stabilità di governo, governabilità, crescita … “Yeeehaaaa!”
“Subito
il lavoro, meno tasse, via IMU, niente aumento IVA.”
(Ieri
ci è arrivata la TARSU. Insieme al bollettino dell’estorsione c’era anche un
volantino che ci spiegava come avremmo potuto risparmiare se avessimo fatto la
raccolta differenziata dei rifiuti. Noi che già la facciamo, abbiamo provato a
capire come avremmo potuto risparmiare qualcosa data l’enormità dell’importo
del pizzo, ma non c’era scritto nulla di più se non la banalità di una promessa
fasulla. Paga e taci, e soprattutto non guardare gli angoli delle strade, dove
da mesi impigliati nei tombini sconnessi, alle serrande dei negozi chiusi,
volteggiano gonfiati dal vento sacchetti e bottiglie di plastica strappati o
schiacciati.)
Mi
perdo, qua nel labirinto. La storia è complicata.
Il
governo delle larghe intese è stato fatto dalle banche e dalle varie
associazioni criminali mondiali ed europee. Favorito da una legge elettorale di
merda, fatta ad hoc da un’associazione a delinquere che ha privato il paese
prima della civiltà, poi di tutto il resto. E quale sarebbe la soluzione?
Tornare
a votare. Un’altra volta ancora - perché
il parlamento non fa nulla! –
Mai
affermazione fu più falsa. Il Parlamento fa, esattamente ciò che fa da vent’anni
almeno. Il Parlamento continua a tutelare l’interesse privato – non solo
economico – del privato cittadino che ha privato i cittadini di ogni diritto,
primo fra tutti proprio quello del voto.
Il
Parlamento, continua a presentare leggi fasciste e repressive, che passano nel
silenzio quasi totale del dissenso a un tanto a chilo, specializzato in
chiacchiere più o meno sovversive e petizioni da firmare.
Addirittura
tre anni di galera per chi oserà contestare un comizio mafioso di piazza, una
di quelle “convention” che oggi rappresentano un’occasione di lavoro saltuario,
per le persone che vorranno parteciparvi come comparse, oltre che occasione di
svago per anziani ricoverati negli ospizi, o stanchi del club della canasta.
Ma
che ci importa? “Alle urne! Alle urne”. Tanto ormai a votare non ci va più
nessuno, se non quello che voterà per Grillo che “almeno ci fa ridere” (sic!) e
quello che voterà per quel debosciato di berlusconi (che se era un cittadino normale, mica la
Cassazione avrebbe rispettato i tempi della giustizia (arisic!)
Quindi?
Mi pare d’aver creato un labirinto nel labirinto e quindi me ne sto qua, ad
attendere che cali il sole, come un sipario su questo tempo triste. Immaginandone
uno nuovo, nel quale ricorderemo questo con pudore, e il rispetto che
meriterebbe la memoria.
Rita
Pani (APOLIDE)
7.08.2013
Ma che bella occasione, l'Expo
È vero
che ogni volta che giriamo la testa, che non vogliamo vedere, il nemico vince,
ma è anche vero che a volte è bene proteggersi per non farsi anche distruggere.
Ma sempre non si può proprio, e per
quanto sembri che non abbia senso più nemmeno pensare, è bene ricordare a sé
stessi prima che agli altri, che ancora almeno la nostra mente è libera. Che
ancora pensiamo, e non si può tacere.
D’impeto,
quando mi trovo a leggere certe cose, vorrei trovarmi di fronte alle belle
facce pulite di merda, di certi ministri o del “giovane presidente del
consiglio” e prenderle a schiaffi prima di sputarci sopra; ma non solo sulle
loro, in vero.
Sarà
l’Expo la nostra grande occasione di crescita, dicono il giorno in cui proprio
a Milano, un altro ragazzo si è ammazzato in casa dei genitori, a 26 anni,
perché non aveva più nulla da poter fare. E la concomitanza degli eventi,
lascia stupiti. Il silenzio disgustati.
Tutti
sappiamo come funziona, quante inchieste già siano state avviate intorno alla
grande occasione che un evento come l’Expo ha dato alle mafie.
So
io, per esperienza diretta che le spiagge della Calabria, per esempio,
pullulano di indiani e cingalesi, che vengono ad arrotondare vendendo collanine
e cavigliere, in attesa che torni Settembre e che riaprano i cantieri del
meraviglioso Expo.
Abbiamo
molti strilli e troppi strilloni in questo povero paese, ma ci manca chi sappia
urlare. Ci manca la voce che sappia chiedere, e che sappia esigere risposte. Siamo
abituati ai grandi proclami strillati, alle promesse pacate e rive di senso, a
volte costruite con lo stesso linguaggio ammiccante degli spottoni
pubblicitari, ma siamo abituati al silenzio.
“Dimmi
perché un altro ragazzo ha dovuto morire, giovane Letta, proprio nella città
della grande occasione?”
Dimmi
se sai, giovane presidente, quanto è pagato uno schiavo indiano – cottimista –
in uno dei cantieri che stanno devastando Milano.
E
tu, capo tribù leghista della malora, spiegaci meglio il concetto di “mafia
free”, e poi raccontaci la storia del tuo partito nordista, che con la
ndrangheta ci faceva gli affari.
Ci
manca questo, temo. Ci manca il potere della verità. Ci manca camminare a piedi
nudi sui chiodi della realtà.
E
ancora mi chiedo se alla fine, continuare a sentirsi chiudere lo stomaco fino
ad aver voglia di menare le mani, sia giusto oppure no. Abbia un senso, oppure
no.
Rita
Pani (APOLIDE)
7.03.2013
Domani è un altro giorno. Di merda, ma un altro
Non
è vita, svegliarsi ogni mattina col patema d’animo, chiedendosi che ne sarà di
Renzi. Difficile sopravvivere, ora che incombe sul governo delle strane intese,
la figura avviluppata della serpe santanché. Continuare a sperare che la
Resistenza del PD sia alla fine vincente, e che la pericolosa bolla rettiliana
si sgonfi, dando il via al nuovo Tweet esultante di Letta è una fatica
estenuante. Dolermi per il pericolo incombente della guerra non dichiarata
dall’esercito di silvio, che già ha dato mostra di sé, ad Arcore.
Questo
dovrei scrivere se facessi finta di essere imbecille. Se cedessi alla
propaganda che ci esorta tutti a credere che questa sia la politica. Se non
sapessi più leggere tutti gli articoli non scritti dai giornali, e anche se non
sapessi scremare l’informazione alternativa, sempre più contaminata dal
“minchionismo” italiota, pronto a smuovere le truppe per le facezie e incapace
di osservare la vita scivolare da sé.
La
cosa triste, e che c’è gente che si accalora mentre discute di Renzi. Sarà o no
il segretario candidato premier del PD? È onesto o lavora per D’Alema? Ha un po’
rotto i coglioni? Si accapigliano quasi, per la terribile prospettiva di avere
una biscia alla vice presidenza della Camera, coloro che hanno a cuore il
destino del Paese e della Democrazia, e che (oggesuù cito a memoria) mai
potremmo tollerare tanto scempio in Parlamento. Una zoccola, in Parlamento.
Non
è vita svegliarsi soli al mondo ogni mattina, e io sola mi ci sento davvero,
proprio come se fossi l’unica che sa che l’alleato del PD, al governo di questo
paese parademocratico è il pdl. Il partito dell’esercito di silvio, il partito
di cui, la biscia puttana (per sua stessa ammissione) è uno dei maggiori
esponenti. Proprio come se fossi l’unica a ricordare che Al Fano è il vice
presidente del consiglio, ministro dell’interno e soprattutto che “per accordi
presi” la vice presidenza della camera – fatto lupi ministro (già, sì, è
ministro anche lupi) – tocca al pdl. Quindi da dove tutto questo accalorarsi?
Ma è
vita così; e pure bella. Dovrei sforzarmi un po’ per uniformarmi, ed essere
grata a chi con tanto ingegno prova a tenermi distante dalla realtà. Quella che
passa come un alito di vento, per esempio, e ci racconta delle banche che
sempre meno rinnovano le carte di credito in scadenza. Se la rivorrai, dovrai
dimostrare di essere all’altezza, e di avere un reddito mensile sicuro,
qualcosa che garantisca la solvibilità. Una banca che non ti dà un mese di
credibilità forse sa meglio di te, che il tuo lavoro è incerto e così anche il
tuo futuro.
Ma
non sarebbe bello non sapere queste cose, e godersi a pieno l’estate che
finalmente è arrivata? Tanto domani è un altro giorno. Di merda, ma un altro.
Rita
Pani (APOLIDE)