7.07.2012
Lo chiameremo Mario
Il Corriere di oggi racconta la storia di un bimbo
abbandonato nella ruota della Clinica Mangiagalli a Milano, inaugurata nel
2007, quando iniziavano a ripetersi i casi di cuccioli di uomo lasciati nella
spazzatura come gattini o cuccioli di cane. Il primo caso da quel tempo, dicono
e cronache che enfaticamente risaltano la cura e l’amore che il piccolo deve
aver ricevuto dalla madre, che lo ha lasciato con tanto di biberon di latte
materno, e qualche vestitino.
Un’enfasi nauseabonda, in uno scritto che racconta ma che
non dice, come si usa fare in questo miserabile paese. C’è tutto, persino il costo
della “Ruota tecnologica” (20.000 euro), il depliant che la pubblicizza, e i
conti statistici dei bambini abbandonati negli ultimi anni alla Mangiagalli, in
un crescendo che appena sfiora la narrazione della disperazione.
C’è una sorta di messaggio pubblicitario, rivolto alle madri
innamorate del proprio figlio, e che proprio in virtù di quell’amore, cercano
di donargli una speranza, una qualunque. Una sorta di altro messaggio rivolto a
tutte: non abortite! Se vi capita di restare incinte, c’è sempre una ruota che
potrà salvare il vostro bambino. E’ si cita anche il medioevo, con questa frase
che a me provoca raccapriccio: “Così Milano ritorna ai tempi della Ruota degli
esposti, di medievale memoria, ma oggi in riedizione supertecnologica.”
Non c’è la realtà, come sempre in questa stampa ormai
schiava di sé stessa, che per vendersi deve stare attenta a non urtare le
suscettibilità di chi è convinto, tutto sommato, di stare un pochino meglio del
suo vicino di casa, di suo fratello o di quel signore che dorme tra i cartoni
davanti al portone di casa sua.
Non c’è tutto il disprezzo che si dovrebbe sentire verso uno
stato che plaude alla madre “responsabile” che è stata costretta a tradire il
suo amore, a infliggersi un dolore che non sopirà mai, senza interrogarsi sulle
carenze di uno stato sociale che di fatto non esiste più. Uno stato che avrebbe
dovuto accogliere la madre con il figlio, e garantirle di poter essere madre.
Di accompagnare il proprio figlio nel cammino della vita, di insegnarle ad
essere un uomo.
Quel che nell’articolo non c’è è il carente stato di
abbandono dello Stato, verso sé stesso. Verso tutti noi, illusi di essere vivi
solo perché ancora riusciamo ad arrangiarci, tappando falle e creandone altre,
sempre con l’intento di non affondare.
C’è poi quell’inchino alla Chiesa, che nessuno rifiuta mai.
Quella silenziosa schiavitù che prova a renderci succubi, con quella chiosa
finale: “Lo chiameremo Mario” e non in onore di Monti o Balotelli – per fortuna
– e neppure di Draghi. In memoria di Santa Maria Goretti, che bambina ci morì.
Rita Pani (APOLIDE)
Comments:
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non molti nanni fa i figli di donne sole venivano adottati all'interno di famiglie spesso assieme allla madre venivano inseriti come componenti con tutti diritti e doveri! oggi dovremmo renderci conto che la nostra vita dobbiamo difenderla al posto di essere difesi forse perche' lo stato di diritto è stato demolito e viene mantenuto uno stato a delinquere generalizzato? siamo proprio messi male anzi peggio di così non si puo'? saluti dal vecio.
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