5.03.2012

 

Donne massacrate ... Donne uccise ... Donne ammazzate


Mai, nemmeno una volta ho chiamato bianca la morte che ha ucciso un lavoratore. Ho sempre scritto che era stato ammazzato. La morte in guerra per esempio, di persone innocenti che fossero bambini, uomini o donne, non avrei mai potuto chiamarla “effetto collaterale”, o “vittime di dannati calcoli errati di armi più o meno intelligenti”. Nemmeno ora scriverei di dramma e disperazione, dinnanzi alle persone che si uccidono per la mancanza del lavoro, perché impossibilitati a garantire un’esistenza dignitosa a loro stessi e alle loro famiglie. La chiamo strage, carneficina, ne denuncio – a mio modo – i responsabili.

Mai una volta ho detto che una donna uccisa era stata vittima di un dramma della gelosia, ma ho sempre scritto che una donna era stata ammazzata.
La morte non è cosa che si possa edulcorare con la gentilezza della parola.

16 inviti per firmare un appello, l’ennesimo, che io non firmerò per ottenere l’ovvietà in questo mondo che attraverso la “neolingua” ha controllato e controlla le menti di chi della comodità semplificante ha fatto religione. Bisogna far sapere ai giornalisti, che di fronte al cadavere di una donna non si dovrà più parlare di dramma della gelosia, ma di “femminicidio”.
Con l’appello, quindi, si chiede di non utilizzare un termine cretino, per sostituirlo con uno stupido.
Femminicidio è la parola di oggi, che gira sui social network, che viene accompagnato da immagini più o meno toccanti di donne livide e massacrate. L’immagine è fondamentale per ricordare di cosa stiamo parlando, perché le parole donna-massacrata non basterebbero nell’epoca della multimedialità feisbucchiana.
Femminicidio non vuol dire nulla, però è bello, nuovo, ha presa.

Vogliamo parlare di donne massacrate nelle loro case? Parliamone con le stesse donne che subiscono silenti le violenze quotidiane, quando nei pomeriggi d’estate si chiudono le finestre per non sentire le urla che arrivano dal piano di sopra o di sotto; dalla casa accanto. Si abbia il coraggio di riconoscere gli occhi delle nostre amiche, figlie, vicine di casa che si spengono giorno dopo giorno. Riconosciamo i volti spaventati e gli sguardi persi che chiedono un aiuto che a volte si preferisce non dare, non domandando per non sapere. Impariamo a guardarci negli occhi, a non aver paura di sapere. Ricordiamo cosa è stata la nostra vita per riuscire ad essere utili in quella degli altri.

Occupiamoci delle donne vive, così che non diventino “femmine morte” da piangere e rimpiangere.
Occupiamoci di quelle donne che non ridono più e nemmeno piangono, che non hanno lividi da mostrare, ma cicatrici nell’anima che non guariranno mai, violentate psicologicamente, vessate, rese incapaci di essere vive oltre alle necessità del padrone da soddisfare. Perché anche loro un giorno potrebbero scegliere di morire, solo per essere finalmente libere.

Se bastasse davvero firmare un appello per rendersi partecipi a un cambiamento, a un miglioramento, a un qualunque tipo di ritorno alla civiltà mi slogherei il polso. Già, ma che dico! Non si fa tanta fatica, basta un click.

Rita Pani (APOLIDE)

Comments:
hai fatto tuo un articolo della Fedigrotti http://www.corriere.it/cronache/12_aprile_30/non-chiamatelo-piu-femminicidio-isabella-bossi-fedrigotti_326f1d0a-92d0-11e1-96f9-bbc2eef37e85.shtml
Piuttosto che prendersela con un termine, che comunque identifica le donne uccise ammazzate massacrate per mano del proprio compagno,marito,fidanzato e non solo fisicamente o criticare chi clikka su una petizione dando per scontato che sia solo un click..., rendiamoci davvero partecipi nell'ampliare le nostre conoscenze, magari diffondendo un pensiero nuovo, magari solo per riflettere
Consiglio la lettura di questo articolo http://www.left.it/2012/04/29/intervista-allo-psichiatra-massimo-fagioli-uomini-che-uccidono-le-donne-left-n-28-2010/3050/
 
Rita concordo e approvo il fatto che questo paese dovrebbe disincrostarsi dall'omerta' dal bigottismo clerical-maschilista e dal imbecillismo del maschio-dominante tronfio ma debole (nel cervello) spesso compensa con la violenza fisica la sua " grave" inferiorita' sessuale? io lo reputo un crimine! lo punirei con l'evirazione o la ghigliottina? saluti da franco al vecio!
 
Non avevo letto l'articolo della Fedrigotti.
 
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