6.22.2011

 

Anormalie

"La vera anomalia è chiedere la caduta di un governo che più volte ha ottenuto la fiducia”. L’anomalo mafioso a capo del governo.

La vera anomalia è chiamare una cosca mafiosa, una loggia massonica strutturata in modo simile ad un’organizzazione terroristica e stragista, (dalle carte della magistratura) governo. È persino anomalo che la Polizia, in assetto antisommossa, sia fuori dal Parlamento a caricare cittadini inermi, anziché dentro a portarseli via tutti. Non è anomalo che la giunta per le autorizzazioni a procedere, abbia preso tempo per non far arrestare un parlamentare. L’anomalia è l’Italia.

L’anomalia del suo Presidente della Repubblica, che nemmeno dopo le 15 mila pagine di indagini sulla cosca malavitosa che è al governo, chiede conto o fa gli interessi dei cittadini, limitandosi a quelle locuzioni prestampate e retoriche, che servono come un fazzolettino di carta per il moccio di un bambino.

L’anomalia dell’insulto reiterato, da parte della malavita più criminale, che mentre i giornali sussurrano  dello scempio delle istituzioni, con “un governo ombra a servizio del governo”, si riunisce in Parlamento per verificare la propria esistenza, e guarda caso, nemmeno a dirlo, esiste e persiste.
Sarebbe anomalo per me, riuscire a scrivere mantenendo il rispetto per me stessa, che “il premier” ha detto, oppure ha fatto. Come potrei chiamare quel criminale piduista “Premier?” eppure i giornali lo fanno, c’è chi si rivolge a lui dandogli del lei, e chiamandolo persino Presidente. Ma di cosa?

Ma l’Italia anomala è fatta anche da italiani anomali, quelli che si ostinano a riempire la mia casella email di inviti ai movimenti, alle costituenti o ricostituenti, ad iniziative tese a dire no a questo o quello, a firmare per essere contro o a favore. Ma basta, per cortesia. È giunto il momento di essere seri. “Indire un referendum per abrogare i privilegi dei parlamentari.” Sarebbe una cosa giustissima, in un paese normale e non anomalo come il nostro, in cui il privilegio che si vede è un’auto blu, quello che non si vede, invece, è quello che controlla tutta l’economia attraverso la corruzione, il ricatto, la spartizione del danaro pubblico, degli enti dello stato, spolpati e resi inefficienti. Cosa vorreste abrogare, quindi?

Un paese serio sarebbe in Rivolta, da oggi e ad oltranza, e non facendosi massacrare dalla Polizia asservita alla mafia di governo, ma con uno sciopero generale e generalizzato, che blocchi ogni singolo meccanismo dello stato. Con i camion ammassati ai caselli autostradali, con i binari delle ferrovie intasati di persone, i falsi cantieri autostradali, utilizzati dal crimine organizzato dal governo come bancomat personale di danaro pubblico occupati, con le merci bloccate, con i negozi pian piano svuotati, con le merci deperibili lasciate a marcire nei banchi e …

Ma che lo dico a fare? O che lo ribadisco a fare? Siamo sì anomali in un paese anomalo, eccitati dalla nostra caparbietà fasulla che passa per una firma, o una foto da far pubblicare su un giornale per poter dire agli amici: “Io c’ero.” Mi piacerebbe dire che io ci sarò, e credetemi non lo dico solo perché tanto so che in quest’Italia non ci sarà mai né luogo, né momento per esserci.

Rita Pani (APOLIDE)

PS. Mi fermo per una settimana e spero davvero di non avere accesso a Internet per tutto il tempo. Una settimana di ignoranza non potrà che farmi bene.

6.21.2011

 

Secessionare Gemonio


MILANO - Saranno trasferiti al nord solo gli uffici di rappresentanza di alcuni ministeri, pur se operativi. È l'accordo raggiunto durante il vertice notturno a Palazzo Grazioli tra silvio berlusconi, i vertici del Pdl e i leghisti roberto calderoli e Marco Reguzzoni. Nel corso dell'incontro è stato sentito al telefono il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che non avrebbe opposto ostacoli. È quanto hanno riferito diversi partecipanti al vertice.

Ecco, se fossi leghista, una di quelle pronte alla secessione e che quindi ha in casa le pallottole e i fucili più volte promessi dal bossi, oggi andrei a Gemonio e secessionerei i vertici della Lega. Ma i leghisti non sono me. I leghisti seri, sono quelli di Pontida, con i capelli verdi e le corna in testa e quindi nemmeno si accorgeranno di essere stati beffati da quel che resta di bossi o peggio da calderoli. Anzi, immagino che oggi, dopo un’altra giornata di stallo del Parlamento italiano, esulteranno per aver “portato a casa il risultato”. E che risultato!

È che le cose vanno veloci, il paese ormai è franato ed è come se i geologi, finalmente, avessero compreso perché. A leggere le cronache dell’evoluzione della P2 in P4 si comprende, finalmente, chi e come ha fatto della “crisi economica globale” la fonte della sua fortuna. È ormai tutto così palese che persino l’ultimo dei cornuti di Pontida potrebbe iniziare a far di conto, scoprendo quindi, che per quanto romantiche siano le idee di secessione e per quanto potrebbe essere bello avere il Colosseo ad Assago, non servirebbe certo a sopravvivere al ladrocinio di governo, e che anche loro come tutto il resto d’ Italia, saranno presto chiamati a rifondere i danni apportati da questa manica di ladri, verdi o blu, che hanno piazzato al governo, e che grazie proprio alle loro corna, ci resteranno ben saldi fino al compimento dell’unico obiettivo in programma: salvarsi il culo dalla galera.

Mentre si svolgeva l’adrenalinico “vertice notturno” per la salvaguardia della Padania libera, l’Italia scopriva per l’ennesima volta di essere governata dalle logge massoniche e dalle mafie, forse finalmente si rendeva anche conto che in fondo, quel tizio, altro non è che un burattino mosso a distanza da grumi di potere assai più potente di lui, eppure oggi il leghista esulterà, perché così gli hanno insegnato a fare anni e anni di propaganda. Perché la lega è la lega: un movimento che fonda le sue radici nell’ignoranza dei suoi adepti. Non appena il Parlamento chiuderà per le meritate vacanze estive, anche questa farsa sarà archiviata, e poi se ne troverà un’altra e un’altra ancora, sia essa il pericolo islamico o la cacciata del terrone in terronia con le graduatorie per i concorsi pubblici ritoccate per garantire di avere insegnanti ariani e persino giudici ariani, che come disse quel che resta di bossi: “Finalmente potremo essere processati col nostro dialetto” – che son soddisfazioni –

Trovata la prossima linea di propaganda, il leghista non si chiederà neppure, che ne è delle “sedi di rappresentanza dei ministeri”, perché a lui basterà ricordare la vittoria di Pontida 2011, quella che permise di portare a casa il risultato, ma prima o poi sarà costretto a svegliarsi anche lui, e sarà un duro risveglio. Si renderà finalmente conto che è italiano fino al midollo, e come tutti gli altri italiani, sarà chiamato a sacrificarsi per lo stato, per rimettere in ordine quei conti che nessuno conosce davvero. Forse, mettendo mano al portafoglio o chiudendo la sua fabbrichetta di stuzzicadenti, si renderà conto che non è stata colpa del sud, se siamo finiti gambe all’aria, ma è colpa soprattutto di chi trattandoli solo e soltanto come numeri e voti da non perdere, per garantire la vita comoda a sé stessi e alle loro famiglie – proprio come a Roma Ladrona – ha tenuto al governo un affarista criminale che in tutti questi anni, spolpando le nostre vite ha moltiplicato a livello esponenziale i suoi beni e i suoi profitti, ripartendo con la mafia e la massoneria le proprietà dello stato.

Altro che ministeri al nord! Stanno portando il Partenone a Milano, e Roma somiglia sempre più ad Atene … ma c’è tempo per tutto, anche per potervi vedere finalmente scornati, proprio come tutti noi. Attendo fiduciosa.

Rita Pani (APOLIDE)


6.19.2011

 

Bella la gente di Pontida


Oh questa Lega, così capace e attiva. Così votata al cambiamento da farci vivere un carnevale anche al principio dell’estate. Bella la gente di Pontida, così viva e così sobria, con le loro armature, i loro elmetti cornuti sulla testa, pronti alla rivoluzione.

Quel che resta di bossi, proprio come un mussolini, dal palco erutta la sua novità: “Preparatevi alla secessione!” E suo figlio, quello scemo, che esulta, perché ha scoperto la metafora della bicicletta. Che orgoglio per suo padre e per tutto il popolo padano, che lo guarda crescere già da quando “La Padania” organo informativo della Lega (quale organo ve lo lascio immaginare) gli dedicò una prima pagina in occasione del suo undicesimo compleanno. Si agitano le corna, quando il popolo lo guarda con amore da lontano, pensando che la sacra ampolla dell’acqua inquinata del Po, passerà presto dalle mani del padre a quelle del figlio.

Bella la gente di Pontida. Gente seria che non ci sta ad esser presa in giro dai delinquenti del Parlamento italiano, nemmeno quando sono gli stessi che li prendono per il culo da un palco, indossando una camicia verde. Sono là con le loro armature e le spade di plastica, brandite come vessilli, anche quando quel che resta di bossi, gli annuncia la svolta: “Nel 2013 non sanno se faranno ancora affari col tizio di Arcore.” Eh sì, pare che la sua leadership sia in bilico, e proprio grazie alla lega che lo reggerà saldo al potere fino alle prossime elezioni.

“Maroni presidente del consiglio subito!” si legge negli striscioni scritti in italiano. I padani che indicano il presidente del consiglio di uno stato estero, è bellissimo. Maroni deve essere designato a governare l’Italia, e questo sì che è dire le cose in modo chiaro! Così si fa la secessione, così ci si prepara ad essere finalmente uno stato libero e federale.

Grande il popolo di Pontida! Un popolo che finalmente ha capito che a Roma ci stanno i delinquenti. E partono gli applausi, ai ministri, del parlamento dei delinquenti, dei complici, dei venduti, dei sottomessi, dei ricattatori che in cambio di un po’ di sostegno, promettono la svolta: I ministeri a Monza, così che anche le altre mogli e le altre famiglie dei leghisti ormai arrivati al potere, possano trovare un posto comodo, senza dover arrivare nemmeno a Linate per prendere un aereo tre volte a settimana.

Bello quel popolo verde, che a guardarlo bene, un po’ ci fa somigliare tutti, da nord a sud isole comprese. Tutto verde, tutti al verde, esattamente così come in tutto il paese.

Ma andate a cagare!

Rita Pani (APOLIDE)

6.18.2011

 

Fai schifo!


Cercavo parole eleganti, da inanellare una accanto all’altra, come se fosse una delle collanine che compri per avvolgere le banconote per quelle zoccole furbe che anche stasera ti saranno recapitate su un carro, come la carne al macellaio. Ma non me ne vengono. Solo due risuonano nella mente, mentre sfoglio i giornali e trovo su tutti la tua maschera ridicola da Gustav von Aschenbach: “Fai Schifo!”

Mi sembra di vedere i viali di Villa Certosa, là nella mia terra che hai rubato e straziato, come quei villaggi del Far West, quando finito l’oro restava solo la polvere e l’erba secca spinta dal vento di maestrale. Così finiranno, nel silenzio che farà posto alle urla di chi finalmente ha capito che c’è più gusto a vivere in piedi.

Io già lo sapevo, e sono dieci anni che te lo dico. Mi hai fatto pagare – è vero – e col modo subdolo di chi sa che certe cose è bene farle pagare in silenzio. Mi ricordo quando un tuo ministro in persona  fece in modo che io non trovassi più un lavoro. Erano tempi in cui io combattevo per avere con me mia figlia, era il periodo in cui si apprestava a lasciare l’infanzia per provare a diventare una donna. Mi ricordo la disperazione quando capii che la mia vita avrebbe potuto volgere al termine, per la disperazione. Poi un giorno mi dissi che avrei potuto morire in qualunque momento o in qualunque modo, ma mai per mano fascista, a meno che non avessi portato qualcuno di voi con me. E in piedi ci sono rimasta, fino a ieri, fino a oggi, e ci resterò, fosse anche per un solo minuto in più di te.

“Fai schifo!” te lo dice la gente, ormai, te lo dicono persino le tue zoccolette per le quali non sei più un grande uomo da fingere di amare, ma una mucca da mungere fin che ce n’è! E da mungere ne hai ancora. Fai schifo e io sorrido, perché attendo domani, l’acqua del Po, e gli elmetti cornuti e le camicie verdi stirate di fresco. Sfodereranno le loro armi migliori, i rutti del bossi, l’idiota di suo figlio, l’orripilante turpiloquio di quell’abominevole sacco di merda di borghezio, la loro propaganda anti Islam, e i negher, e “i zingari”, e forse qualcuno comincerà a guardarsi negli occhi degli altri, riflesso con le sue corna in testa, a chiedersi perché anziché avere la Padania libera e “secessionata”, hanno ancora te come re. E farai schifo anche a loro, al punto che ti lasceranno là davanti alle porte cigolanti del saloon.

Sì, sei solo una mucca da mungere e ti mungono anche i tuoi servi, con le loro creste, con la loro apparente convinzione, quelli che alle spalle ammettono la tua caduta, la rovina di loro stessi, e avvertono il pericolo di essere sul punto di dover scegliere se sottostare all’estremo sacrificio, di farsi linciare al posto tuo. Ne sa qualcosa persino tuo fratello, l’unico ad aver sentito anche l’odore della galera al tuo posto, proprio come il figlio della Qualunque, fortunato perché papà gli aveva intestato la pizzeria.

Niente parole eleganti, quest’oggi. Nessuna analisi politica. Solo l’immensa soddisfazione di chi ieri, vedendo tanta gente in piedi si è sentita orgogliosa per esserci stata sempre, malgrado te, i tuoi servi, il tuo fascismo fai da te, la tua arroganza, i tuoi insulti, la tua bassezza morale, la tua criminalità. Io e la mia onestà e rettitudine, da ieri stiamo bene, ci sentiamo meno sole in quest’Italia dalla quale avresti voluto scacciarci come insetti fastidiosi. Noi stiamo così bene, oggi da poter godere del sole, di poco o del nulla che abbiamo in questa esistenza che finalmente ci ha dato ragione. Io oggi mi voglio bene.

Rita Pani (APOLIDE)

6.17.2011

 

Tutti in piedi


 

La vita dispari

Forse sì, sono un po’ demagogica, faziosa e anche ideologizzata, ma ci son cose che mi restano difficili da ingoiare come le pastiglie enormi dell’antibiotico. La disparità, per esempio, in tutte le sue miserabili sfaccettature.

Quincy, leggo, il figlio ventenne di Gullit ha patteggiato una pena di due anni per spaccio di droga, che sconterà a casa sua, in riva al lago. Lo hanno preso mentre vendeva marijuana, e a casa sua, durante una perquisizione hanno trovato altri panetti e tutto l’occorrente da bravo pusher. La notizia di per sé avrebbe potuto lasciarmi anche del tutto indifferente, se non fosse per la foto del ragazzo quadrettata, per difenderne la privacy.

Avrebbe davvero potuto essere una di quelle notizie da non leggere, se non fosse stato per Stefano Cucchi, fermato per strada una sera, portato in carcere e ucciso, senza per altro che fosse stato trovato intento a spacciare. Di Stefano, poi, abbiamo visto molte fotografie, del prima e dei suoi occhi chiari e forse un po’ tristi, e del dopo, tumefatto e irrigidito, sfigurato dalla morte.

S’è fatta legge la disparità in questo stato, ne abbiamo esempi tutti i giorni; non da oggi, si potrà obiettare, ma innegabilmente oggi un po’ di più.

D’altronde come potrebbe essere diverso, se a parità di reato tra il premier e un comune vecchio maiale, che favorisce la prostituzione minorile, il primo governa e l’altro va in galera? O l’imbastardimento della lingua italiana che fa di un povero disgraziato “un ladro” e di un criminale “un uomo d’affari?”

Non siamo tutti uguali di fronte alla legge, non siamo tutti uguali di fronte alle regole e non siamo tutti uguali di fronte ai diritti, e questo alla fine ci rende diversi innanzi alla vita. “Hanno morto un ragazzo” che forse aveva un po’ bevuto o forse aveva solo fumato, e così Federico Aldovrandi ha lasciato sulla strada la sua giovane vita. Il figlio di Mike Bongiorno, fermato ubriaco per strada a Milano, ha giurato non solo di non farlo più ma anche che era la prima volta che si ubriacava, povero figlio al quale hanno rubato il papà morto.

È vero, forse suona tutto un po’ demagogico, ma come potrebbe essere diverso in un paese in cui si è costretti a scendere in piazza per rivendicare la dignità delle donne o del lavoro, dei malati o dei disabili, dei migranti e anche dei gay?

So anche che serve a poco ribadire l’ovvio ponendosi domande che non troveranno risposta alcuna, se non l’effimero benessere per aver rigettato un poco di quello schifo che non vogliamo proprio possa sporcare le nostre esistenze.

Rita Pani (APOLIDE)

6.16.2011

 

Se fingessimo di volerli linciare?

Troppo facile prendersela con quel deficiente di brunetta, anche perché è stato fatto ministro appositamente per essere odiato. Lo tengono in una cuccia, e lo fanno uscire solo quando deve andare in mezzo alla gente a cagar per strada ed abbaiare, rendendosi più odioso di uno yorkshire nevrotico. È il suo ruolo istituzionale digrignare i denti, insultare e oltraggiare. Troppo semplice persino sfotterlo uno così, che credo sia stato il motivo scatenante per l’avvento del bullismo nelle scuole. Insomma, chi, avendo un compagno di scuola tanto odioso non lo avrebbe menato a prescindere?

Anche questa volta gli hanno aperto la gabbia, con l’intento di farci dimenticare che sebbene abbiano perso le elezioni, sebbene il referendum sia stato un voto politico, un messaggio che diceva a voce alta: “Ve ne dovete andare”, loro non avevano nessuna intenzione di mollare la presa. Ed eccolo là, in cerca di telecamere per poter abbaiare e cagare per strada, sprezzante come sempre, come quando ci mandò a morire ammazzati, come quando descrisse tutta una categoria di lavoratori “fannulloni”.

Lo fa bene il suo dovere, abbaia, si dimena, insulta, oltraggia e riesce finalmente a mobilitare tutti contro di lui, mentre la BCE non ci sta ad essere presa in giro da tremonti che in tre anni non ha fatto altro di dire che “ha delle idee”, mentre la magistratura mette le mani sugli aggiornamenti della P2, che è arrivata già alla sua versione numero 4 sempre con gli stessi criminali al seguito, mentre si sospetta della correttezza degli appalti truccati dalla Presidenza del Consiglio (ma va?), mentre il padrino piange perché non ci sta ad essere condannato per risarcire il furto della Mondadori, mentre molte Regioni italiane non riescono più ad assicurare l’assistenza sanitaria ai cittadini, mentre il Consiglio di Stato continua a sanzionare il ministero per l’istruzione che fallirà per tutti i risarcimenti che deve (e che comunque pagheremo noi), mentre gli ultimi pezzi dello stato, sono diventati moneta da baratto per evitare i processi di un criminale.

Pensavo così che forse anche per noi è giunto il momento di cambiare strategia: “Se provassimo almeno a fare finta di volerli linciare?” Perché va bene, lo ammetto, ho passato proprio una bella serata ad inventarmi caustiche battute su brunetta che è solo una merda, ma non è utile a nulla se non al mio umore. Per carità, poi resto non violenta e anche un po’ schizzinosa, quindi toccarlo mi verrebbe davvero male, ma che ne so? Rispedirlo al mittente con una cassetta di frutta infilata in testa – ma dal fondo - ?

L’unico referendum intelligente che si dovrebbe portare alle urne è quello che finalmente vengano abolite le scorte per queste merde. Riportarli nella realtà delle cose, farli viaggiare in treno o in autobus, a piedi per le strade piene di gente che nemmeno trova da andare a caricare cassette di frutta, di precari che hanno perso la voglia di sorridere, di gente spaventata perché non può curarsi. Che passino a piedi, e da soli, accanto alle file delle mense dei poveri, dove a volte ci sono anche i precari, che provino ad avere il coraggio delle proprie azioni. Io credo che non ci sarebbe altro modo per riavere indietro un po’ di rispetto se non ricondurli alla normalità.

Se ne andrebbero di filato, e con la coda tra le gambe.

Rita Pani (APOLIDE)


6.15.2011

 

L'Italia migliore

Sarebbe facile rovesciare come un vomito che non si può contenere, tutta il peggio che un animo umano può sentire di fronte all'umiliazione che si prova rinchiusi nelle esistenze faticose che molti, troppi, di noi vivono, ma in certi casi è meglio ragionarsele le cose.
Come l'altra volta, dopo l'ascesa dei cosacchi a Milano, Napoli, Torino o Cagliari, è bene farsi passare l'euforia della sbronza, e tenere ancora gli scarponi allacciati, perché al contrario di quel che sento dire o dei sorrisi che incontro per la strada, sui volti che sembrano liberati, non siamo ancora liberi, e la Resistenza deve continuare ancora più forte.
Non è gente che si dimette o che si dimetterà, questa gentaglia. È gentaglia che ha confuso il governo col potere, miserabili che non hanno mai avuto intenzione di governare, ma solo di spadroneggiare come facevano gli invasori nelle terre straniere che razziavano dopo averle conquistate. Sono barbari e rozzi, ignoranti e inetti, ora più pericolosi che mai, come fossero animali feriti.
Ieri è emersa l'Italia peggiore, nelle figure di gente che dell'oltraggio ha fatto mestiere. Ministri o deputati che si rivolgono alle loro platee plaudenti, di servi speranzosi di poter ancora partecipare alla vita dorata di corte, che mangia sul piatto del popolo al quale non lascerà nemmeno le briciole. I precari (cito) sarebbero l'Italia peggiore, il popolo di Internet gente che ruba lo stipendio, che alle due arriva a casa e “fa un cazzo” fino alle dieci di notte … mentre loro – i ministri o deputati – lavorano, lavorano, lavorano.
Sarebbe facile vomitare quelle frasi troppe volte vomitate, sui loro stipendi, sulla loro inutile arroganza, sulla loro dubbia moralità, e persino sul dubbio di una loro appartenenza al genere umano, ma ora come ora non servirebbe a nulla, se non a dare al proprio ego uno scatto d'orgoglio che mai dovrebbe essere confuso con la dignità. Sarebbe facile liquidarli chiamandoli col proprio nome, questi abominevoli sacchi di merda, ma servirebbe solo a provare un effimero piacere.
Potrei, volendo, addirittura coniare neologismi volgarissimi atti a descrivere questi omuncoli incatenati alle chiappe del tizio, che si crede un re imperatore, ma siamo oltre ormai.
Attendono loro di sapere quale sarà l'agenda del governo, che la lega detterà a Pontida (sorrido), così come ha detto persino calderoli (sic!) ma già s'intuisce. Il prossimo passo sarà quello di far credere al popolino più miserabile che finalmente come a Bengodi, le tasse non si pagheranno più. Lo hanno detto proprio ieri, mentre la finanza incarcerava una quarantina di ladri patentati a Roma, portandosi via anche il Presidente di Confcommercio, che da sempre piange la crisi economica che ha ridotto i commercianti sul lastrico, spesso per colpa dei clandestini che osano vendere le loro mercanzie per la strada. E porca miseria! Non è una battuta, è l'Italia. L'Italia che forse proprio sperando in questa nuova promessa terrà ancora per un po' questa banda di criminali al governo, perché proprio l'altra sera, un esercente, dopo avermi detto che lui è “costretto” a evadere il fisco perché mica deve essere l'unico stronzo a pagare le tasse, con orgoglio mi mostrava le carte che lui stesso aveva inviato, a mo' d'esposto, per denunciare l'evasione altrui. “Le sagre di paese,” a suo dire, “rovinano la mia categoria!”
Allora forse è bene cominciare a dire che la nostra economia è a un passo dalla Grecia, è bene dire – perché son cose alle quali si fa fare poco rumore – che i comuni iniziano a vendersi le montagne, le isole, e chissà magari domani un pezzo di bosco o persino il mare. Sarebbe bene ricordare a brunetta – fatto ministro solo perché più basso del tizio, e utile per farlo apparire più alto nelle fotografie – che l'Italia che lui reputa peggiore, è quella che regge ciò che resta della stessa economia. Il lavoro quasi gratuito che impedisce la vita del singolo, ma alimenta la tenuta di uno stato che ormai è retto dalla schiavitù. L'Italia peggiore, è quella che si nutre della vita dei lavoratori, che ne succhia via le energie, e che spesso, una volta spolpati, lascia che essi decidano di morire, impiccandosi o sparandosi in bocca. L'Italia peggiore dell'arroganza che non distingue più tra stato e mafia, tra affari privati e bene collettivo, che non conosce più il significato di equità, se non quando usato per irretire l'evasore fiscale.
Noi siamo l'Italia migliore, e persino loro lo sanno. Lo siamo perché abbiamo conservato la dignità e il pensiero, e perché siamo al servizio di noi stessi, in totale autonomia e libertà, impegnando quel che ci avanza di questa vita spesso impossibile, solo ed esclusivamente per poter sempre affermare a voce alta, che mai saremo complici di questa mostruosità.
Ed è meglio che mi fermi qui, perché non voglio cedere alla tentazione di chiamar queste merde, davvero col loro nome.
Rita Pani (APOLIDE)

6.14.2011

 

Incontriamoci a Carbonia



Incontro con Rita Pani 
Reading e chiacchiere

Pitosforo Art Music Bar Parco di Villa Sulcis via Napoli
CARBONIA

Lunedì 27 giugno 2011
ore 19,30

Libri e Blog un altro modo per partecipare alla R-Esistenza
Interverranno, insieme all'autrice: Loriana Pitzalis e Simona Lisci

6.13.2011

 

ORA VATTENE!

Ora però è meglio che te ne vai, perché noi civilmente ti abbiamo cacciato. Va via e restituiscici le macerie che hai lasciato intorno a noi. Va via, e rinunceremo persino al sogno di saperti in galera, là dove in un paese giusto e pulito, da un pezzo dovresti stare. Vattene e porta via con te, il tuo piccolo esercito di baldracche e burattini.

L’Italia ti ha detto che non sei più ospite gradito, che puzzi come chi ha saltellato su una merda di cane, e si è infilato a casa altrui senza nemmeno pulirsi i piedi. Vattene via, scappa veloce e lontano, perché non siamo più disposti – ti abbiamo detto – a sottostare alla tua sprezzante alterigia, al tuo ridicolo fare da dittatore dilettante, troppo impegnato a trastullare sé stesso per comprendere che anche il dittatore più crudele, ogni tanto deve gettar briciole di pane, come becchime, al suo popolo di galline e oche starnazzanti.

Vattene, infame!

È stata la prima che ho votato, quella verde. Quella che dice che tu sei uguale a me, davanti alla legge degli uomini. È stata la prima, il mio voto politico più sentito, convinto e gratificante. Non mi sentivo così bene, nel chiuso della cabina elettorale, dalla prima volta che compiuti 18 anni, votai per Democrazia Proletaria, che all’epoca mi sembrò essere più decisa e comunista del comunismo stesso.

Vattene maiale! Noi ti abbiamo detto di andartene; siamo i cattolici, i democratici, la gente per bene, le persone oneste, quelle stufe, e persino i tuoi – cani che hanno spezzato le catene. Io ti ho detto di andartene, col mio voto COMUNISTA, che ha tracciato quella ICS, tenendo in mano la matita come fosse una falce pestata col martello.
Prendi i tuoi servi, tutte le puttane che puoi e scappa ad Antigua, perché tanto a nessuno verrà mai l’idea di chiedere per te l’estradizione, o di pretendere che tu vada in galera. Il salvacondotto te lo daranno i prossimi a venire, che non riusciranno mai a riportarci alla decenza, rivedendo le leggi che hai cambiato per te o per previti, perché la galera non fosse cosa vostra.

Vai via, e vattene di corsa, di modo che noi si possa lavorare per tornare ad essere almeno un popolo di gente normale, che lavora per vivere, che ha piacere di esprimersi e studia per sapere. Un popolo governato da chi ha delle idee che vadano oltre a quelle della mafia che hai istituzionalizzato, tra pizzi e ricatti da pagare a quella feccia leghista che oltraggia lo stato che depreda, alla combriccola fascista e mafiosa, analfabeta e arrogante, che ha violentato per anni la nostra democrazia.

Noi oggi ti abbiamo detto di andartene, e lo abbiamo detto nel modo più civile che c’è, ma non abbiamo più voglia di sopportare la tua inettitudine, la tua arroganza, e soprattutto non abbiamo nessuna voglia di rischiare di avere un altro te, a finire di raschiare i barili delle nostre esistenze. Fai come fece il tuo amico, che finse di essere esule – da latitante – ad Hammamet. Sparisci di notte e in silenzio, come è giusto che facciano i ladri come te, e noi ti lasceremo andare aspettando l’indomani per festeggiare.

Noi ti abbiamo detto che vogliamo ripulire l’Italia … e spero ti sia giunto forte e chiaro il messaggio. L’Italia non è più posto per te.

Rita Pani (Pronta a dichiarare le generalità complete)

6.11.2011

 

Malato è un'altra cosa

No, malato è un'altra cosa. Malato è uno che soffre, e che patisce. È uno che lotta per guarire, che ha persino paura di morire, per la malattia. La malattia mina il corpo, toglie il sonno e il sorriso, fa piangere e tremare. La malattia sospende la vita nell'attesa di sapere se si potrà guarire oppure no.
Quindi non ci si provi neppure: silvio berlusconi, quel tizio, non è malato; è soltanto un maiale.

Certo, a leggere le ultime intercettazioni sullo stato delle cose nel nostro paese, ci provano ad insinuare il dubbio di una sua infermità, che quasi lo costringe a non cambiar abitudini, e continuare a nutrire il suo spirito di giovane carne umana. Non importa che attribuendogli una sorta di patologia, si sancisca che lo Stato Italiano è in mano ad un infermo di mente; è sempre meglio di ammettere di esser tutti nelle mani di un lurido maiale.

Ed è più facile, chiamandolo malato, far finta di essere servi (liberi) e dignitosi, che del paziente si prendono amorevolmente cura, anche se non è quel che sembra dalla lettura. Non è quello che affiora a legger le chiacchierate di due amici, uno molto ricco e nullafacente, l'altra che dopo aver fatto tanto è diventata un sottosegretario, ricompensa per la sua schiavitù. Quel che sembra, appunto, è l'imbarazzo provato che vorrebbe placarsi con quel “malato” che invece dà proprio il senso di voler dire “maiale”.

Magari, presto, proprio dopo il referendum, lo rinchiuderanno in una clinica svizzera, per disintossicarsi dall'abuso di figa, come hanno fatto tanti maiali prima di lui, con l'unica differenza che loro erano attori di cinema, cantanti o figli viziati di industriali, e non reggevano certo il destino di un popolo nelle loro luride mani. E poi si sa, c'è sempre il danaro che fa la differenza: più ricco sei e meno mostro sarai. Se hai le mani di un contadino e ti piacciono le ragazzine, e se non puoi pagarle e allora le violenti, sei un mostro. Se sulle mani hai la crema abbronzante arancione, sulla testa un capellino di peli veri, e persino chi ogni mattina te lo viene a montare sulla calotta cranica, ti piacciono le ragazzine e le paghi profumatamente per abusarne, sarai un vecchio buono di cuore ed altruista, ma forse un po' malato.

Piangono i servi liberi, ma non piangono per la presunta malattia del padrone; piangono perché sentono scricchiolare i pilastri del loro privilegio, e soprattutto perché da schiavi sanno già che loro cadranno un po' prima del loro padrone. Parlano delle cose italiane come fossero cose loro, dell'amica che per fortuna hanno piazzato alla RAI, o degli altri servi – gentaglia – perché hanno osato rubare al padrone, per poter fare un poco come lui, a comprar case alle schiave che hanno deciso di liberare. Ma pure se quindi il tizio è contagioso, non è malato. È soltanto un miserabile maiale mai sazio, che ha bisogno di avere sempre il suo trogolo pieno. E c'è persino chi tra i suoi servi continua a riempirlo, piagnucolando.

La malattia è altro, soprattutto sofferenza, e di questa almeno si dovrebbe avere rispetto.

Rita Pani (APOLIDE)

6.09.2011

 

Liberi voi, liberi tutti

Oh no, l’Italia non ci può stare alla decisione del Brasile di liberare Battisti, perché l’Italia esige giustizia per le sue vittime, e i criminali devono stare in galera. Ecco, non farebbe una piega se l’Italia fosse ancora un paese civile, invece, leggere oggi le dichiarazioni ufficiali di questo governo criminale, lascia basiti. Un po’ come se dovessimo assistere alle invettive di Pacciani, rammaricato perché un estraneo gli avesse violentato le figlie. Perché questa è l’Italia.

Leggerle oggi, poi, lascia ancora più indignati dato il grande impegno che in tanti stanno spendendo per far sì, che alla fine il Referendum passi sul serio, e molto di più dovremmo indignarci, io temo, proprio se quel referendum lo vinceremo noi. Abbiamo in mano il potere per dire che da popolo civile, rigettiamo il “legittimo impedimento”, ossia possiamo rivendicare il diritto di essere tutti uguali davanti alla legge, ma il governo malavitoso ha un potere in più, che è quello di aggirare la volontà popolare, ricorrendo all’ennesima legge ad personam: la prescrizione breve. Con l’arroganza che li contraddistingue e col disprezzo che questi criminali hanno di noi, non mostrano di avere nemmeno un briciolo di pudore, e fanno sapere al Presidente della Repubblica, che questa sarà davvero l’ultima legge fatta su misura per il premier di una nazione che di democratico non ha più nulla.

Nulla di indecoroso resta racchiuso tra le mura dei palazzi, ormai. Il processo di normalizzazione è terminato, e il peggio si può lanciare in faccia a chiunque, sapendo bene che non sortirà nessun effetto, se non quello urticante, solo per chi ancora, guarda, vede e ragiona. In quest’Italia dove si rischia quando si rivendica il proprio orgoglio gay, nessun rischio per chi rivendica il proprio orgoglio di schiavo, “schiavo libero”. È potuto accadere anche questo, un congresso di schiavi, felici di rivendicare la propria schiavitù. Tutti nomi che si son fatti importanti col tempo, tutta gente ben vestita, e con i portafogli ingolfati di danari: il danaro che il padrone – che tutti assicurano sappia essere generoso – ha speso, per far sì che gli schiavetti, gli ultimi anelli della catena alimentare, sognassero un giorno lo potessero annusare da vicino, e son invece rimasti per strada, davanti a un tribunale, con venti euro e un panino in mano.

Volevano la libertà, questi italioti imbecilli, e invece l’hanno consegnata a lui, l’unico davvero libero in Italia. L’unico che è libero di far commercio col destino di una nazione, con i nostri diritti e con i nostri doveri (quelli che segnano il significato più alto di libertà, quella vera). Libero di utilizzare i tribunali come veicoli pubblicitari per le sue campagne di propaganda. Libero di usare il Parlamento per leggi ridicole che pagano i conti alla lega. Libero di svendere la nostra vita al miglior offerente, quello che sul piatto mette sempre l’interesse privato, sia esso il danaro o l’impunità.

Stupidi italioti imbecilli, pensavate davvero che avrebbe diviso con voi la sua libertà? Quello che non avete capito è che lui a voi non deve nulla, ma al contrario sarete voi a dover rendere quei venti euro con gli interessi. Perché questa è la mafia, quella che non fa nulla per nulla. C’è sempre il conto da pagare, un bilancio da pareggiare. Arriverà il giorno che vi sarà negata la giustizia, perché ha dovuto correggerla per lui, o il giorno in cui vi dirà di evadere le tasse non pagando il canone della RAI, senza però dirvi che da voi la multa arriverà e dove non basterà la multa arriverà Equitalia, e chissà, magari ricorderete che la TV di stato l’ha smantellata lui, libero di farlo, per incrementare i suoi interessi privati.

L’unica libertà che vi è rimasta, italioti imbecilli, è quella di liberarvi. È l’unica cosa saggia che uno schiavo possa fare, soprattutto quando a stringere un po’ di più la catena che quel criminale vi ha posto al collo, vi ha mandato giuliano ferrara. Liberi voi, liberi tutti.

Rita Pani (APOLIDE)


6.07.2011

 

Tanto paghiamo noi

Meno male che ogni tanto in Italia succede qualcosa che ci fa dimenticare di noi, e ci porta lontano: dal calcio scommesse – una novità assoluta – alla devastazione della RAI con la cancellazione del contratto di Santoro, avremo di che indignarci per un pezzo, senza dover faticare a concentrarci su di noi. Nemmeno in questi giorni di pioggia, che mi intristiscono assai più di quanto già non abbia fatto la vita, c’è la sensazione di vivere tutti sotto lo stesso cielo, quando leggendo i giornali, alla ricerca di scoprire quel qualcosa in più che ci era sfuggito, scopriamo che la Unzicher , o la Minetti sono al mare, e tutte due con un bikini fucsia; e volendo si possono anche vedere i filmati o le fotografie. E meno male che son giorni frenetici, che ci fanno dire solo: “Sì”. Perché abbiamo solo in testa l’obbiettivo ultimo di far sì che sia un referendum a portarci al grado minimo di civiltà.

Abbiamo da discutere a iosa, per giorni se non per mesi, di questi calciatori che non si accontentano mai, e che mai sazi hanno anche bisogno di rubare altri danari. Abbiamo sociologi da disturbare, perché ci spieghino come anche la ricchezza può impoverire l’uomo della moralità. Abbiamo da studiare, volendo, su quella brutta malattia che è il gioco d’azzardo. E da schifarci, continuando a dire che da sempre è così che va, ripercorrendo la storia di scandali e lordura che accompagna il mondo dello sport, quello troppo vincolato al danaro.

Poi Santoro, che finirà anche quello in un miserabile conto della serva, quando alla fine per troppe volte ci diranno che va bene: sarà pure fascismo ma alla fine prenderà un paio di milioni per lasciare l’azienda. Il danaro nelle sue tasche puzzerà anche agli occhi di chi oggi vive questa ingiustizia sulla sua pelle. E son già pronta a scommettere che la simpatia o la solidarietà espressa con disperazione ieri, oggi passerà.

Dipende sempre, a mio avviso, dal punto di osservazione che si sceglie per guardare alle cose. Guardando meglio, per esempio, si potrebbero tirare altre somme. Sarà anche vero che a differenza di altri lavoratori licenziati senza risoluzione consensuale del contratto, Santoro intascherà una carriola di danaro, ma il problema non è quello. Il problema è che ancora una volta saremo noi a pagare i conti di quel tizio, che già qualche giorno fa, impunito ed arrogante più di sempre ebbe a dire: “Di Anno Zero, ce ne occuperemo.” Ecco, l’ha fatto, e pagheremo noi, anche quei lavoratori licenziati in tronco senza se e senza ma, che continuano a pagare il canone della RAI.

Come siamo noi (io però a dire il vero, no) a pagare i vizi e l’arroganza di atleti per finta, che hanno a lungo desiderato nella vita di fare i calciatori, irretiti da quel che è diventato lo sport grazie a chi si assiepa ai cancelli dei centri sportivi per poter fotografare questo o quell’idolo. Grazie anche a chi in nome del calcio ha scatenato la guerriglia, o a chi nella vita non ha altra fede che quella calcistica, così ben cavalcata dal tizio presidente del Milan, che proprio grazie al pallone si è potuto rubare una nazione intera. Siamo sempre noi a pagare, anche questi conti, continuando ad alimentare con i nostri soldi la vita di questi inutili individui.

Come dico spesso noi siamo di più (noi saremmo di più), e potremmo avere davvero il potere. Basterebbe saper scegliere di chiudere i rubinetti, di smettere di alimentare la disparità, facendo fallire la RAI o i giornali sportivi, le società di calcio, le multinazionali che ci vendono merda cinese a prezzi italiani, smettendo di idolatrare pseudo artisti creati in laboratorio, arrivando a pagare per poter vedere da vicino una zoccola o un cretino.

Se tornassimo a pensare, forse, anche la Unzicher o la Minetti oggi avrebbero una felpa e le calze di lana, e starebbero a guardare la pioggia proprio come noi.

Rita Pani (APOLIDE)

6.06.2011

 

La favola del leghista addormentato nella stalla ... (io non lo bacio)

Prima di qualunque cosa è bene ricordare che l'Italia è un paese non governato da un grumo malavitoso. Detto questo possiamo anche andare oltre a ragionare di questa cosa che tutto è tranne politica.

Stamani ad Arcore si sono incontrati due capi tribù – ma non s'intenda certo una di quelle dei nativi americani – due capi tribù della bassa africana, quelli che avevano i rubinetti d'oro dai quali scendeva l'acqua, mentre i loro popoli morivano di sete. L'incontro era stato programmato da tempo, per rispondere alle istanze degli elettori, scontenti dalla fucilazione subita durante l'ultima tornata elettorale, che finalmente avevano quasi compreso che, i capi tribù, pensassero solo a lucidare i loro ori e le loro argenterie, mentre loro dovevano ancora lavorare, evadere il fisco e guardarsi le spalle dal nemico islamico o zingaro.

C'era quindi molta attesa in tutta le valli, dalla bergamasca fino su a Luino, e il loro capo tribù, preoccupato di insegnare all'erede al trono tutto quel che c'era da sapere sulla politica del malaffare e del ricatto, decise di portare con sé anche il suo giovane figlio scemo.

L'ansia era palpabile, e dentro le stalle delle mucche – qualcuna anche moglie del mandriano, sposata con rito celtico – o nelle risaie, i popolani con l'elmetto cornuto, già pregustavano il momento in cui il Trota – il figlio scemo del capo – avrebbe annunciato che Roma Ladrona era stata sconfitta, e la Padania liberata. Qualcuno non aveva resistito, e aveva iniziato a lucidare le corna dell'elmetto, stirare la camicia verde delle grandi occasioni, per la festa anticipata che di lì a poco, sperava, si sarebbe svolta a Pontida. Qualche altro, un po' più scaltro, non ebbe nemmeno timore di confessare di aver votato Pisapia – un comunista con tre buchi al naso che aveva rubato Milano ai milanesi – pur di far passare il messaggio che qualche notte prima aveva scritto sui muri di Gemonio: “Lega mafiosa, serva di berlusconi”.
“Col mio voto gli ho fatto paura, e ora ad Arcore stanno trattando per noi”. Rivendicò eroico.

Ora ci vorrebbe il principe azzurro, che arriva su un cavallo bianco, bacia il leghista e lo riporta alla veglia e alla ragione, ma nessuno scrittore riuscirebbe mai ad inventarsi qualcuno in grado di baciare un leghista con l'elmetto cornuto in testa, e quindi non resta che scrivere la fine, che somiglia molto ad un amen.

Il ricatto si è compiuto, e il leghista è gabbato dal capo tribù. La Padania avrà gli uffici di rappresentanza dei ministeri, strillano vittoriosi i giornali di parte, quelli che non hanno bisogno di chiedere al popolo dentro la stalla, che spreme le tette di quella che forse è sua moglie, se sappia dire all'amico suo, cosa sia un normale “Ufficio delle entrate”. Magari anche uno dell'istruzione, che i Provveditorati non bastano mai. O un tribunale, che anche la grazia e la giustizia hanno il loro perché. E soprattutto che dovrà continuare a lavorare ed evadere il fisco, se non vuol crepare.

A questi, di principe azzurro, è rimasto solo berlusconi, e di streghe cattive non ce ne sono, nella lega. Per cui la mela avvelenata gliela farà vedere il prossimo ministro alla giustizia tutta italiana, che al momento di preparare un'altra legge che tenga il premier criminale lontano dai guai, la farà balzellare, rossa e appetitosa, da una mano all'altra … poi una stretta alle palle, e un nuovo ricatto. Magari che ne so? Persino quello di creare la nuova carica di “rappresentante ministeriale”, in modo che anche il figlio scemo del capo tribù, trovi un posto dignitoso, in questa favola che favola non è.

Rita Pani (Che culo! Sono APOLIDE)


6.04.2011

 

Hai visto un bimbo che soffre?

Un po', appena un po', mi urtano le foto dei bimbi deformi o martoriati dalla chemioterapia, usate per propagandare la campagna referendaria contro il nucleare. Questo assurdo bisogno di vedere, per credere, per dire di sapere. Questo modo di mostrare più che di spiegare, che negli anni ha fatto sì, che non ci si soffermasse più di tanto davanti alla morte di 150 persone in un colpo solo, in mezzo al mare che separa il sogno dalla realtà. Sarebbero morti davvero, solo se ce li avessero mostrati, uno sopra l'altro, come i pesci di una pesca miracolosa sul ponte di un peschereccio. La foto di un bimbo che soffre, farà pietà, ma non insegnerà i mali silenziosi che non si possono fotografare, di tumori tiroidei, di disfunzioni, del mistero che ogni giorno, nostro malgrado, respiriamo, magari convinti di essere andati al mare per respirare lo iodio o l'aria buona, mentre invece stiamo minando il nostro organismo.

Sarebbe meglio propagandare le foto dei vagoni fermi sui binari morti di molte piccole stazioni italiane, che sembrano abbandonati, ma son sigillati coi piombi, e dire a tutti coloro che da pendolari tutte le mattine ci si fermano accanto, che bisogna dire no (votando sì) al nucleare, perché in quei vagoni abbandonati, forse son stoccate le scorie radioattive che nessun governo italiano, si è mai impegnato a smaltire.
Ma un bambino che soffre, ammettiamolo, è un veicolo pubblicitario di maggiore e più sicura presa. A chi importerebbe mai di sapere che un pastore sardo, che per anni non ha fatto altro che stare all'aria aperta, pensando che fosse buona, è morto di tumore per l'uranio impoverito che ancora il governo italiano nega di aver mai utilizzato? Son radiazioni, anche quelle però, e come tutte le radiazioni innescano nell'uomo – bimbo o anziano – solo e soltanto morte. 

Mi urtano sempre di più le immagini della sofferenza infantile utilizzate per dar schiaffi alle coscienze che hanno preferito sopirsi, per ridestarsi a comando, proprio spinti dalla pubblicità. Se non avessimo bisogno di posare gli occhi sulla morte, ci ricorderemmo più facilmente che esiste e che spesso è proprio l'uomo a provocarla, per profitto o per stupidità, per potere o per incuria – persino di sé.

Vorrei dire a tutti coloro che d'estate vanno al mare a Montalto, per esempio, e che ci portano i loro figli con i capelli a giocare e a respirare, che il nucleare sta ancora là, e non si sa come. Vorrei ricordare a tutti gli altri che al pomeriggio vanno in campagna a cercare le lumache di guardarsi bene intorno, perché in Italia nessuno o quasi nessuno sa davvero quante siano e dove siano stoccate le scorie della precedente e devastante esperienza nucleare, che non ha fatto i morti come Chernobyl, tanti e tutti insieme, ma ne miete un po' tutti i giorni, con leucemie, con le cellule impazzite, con l'Ilva di Taranto così come fece illotempore il polo industriale di Portovesme, in Sardegna.

Lasciamo in pace quei bambini, non li guardiamo, e se al solo pensiero di uno di loro ci sentiremo tutti davvero male, vorrà dire che siamo un po' migliori di quanto sembriamo.

Rita Pani (APOLIDE)

6.03.2011

 

4 sì assolutamente politicizzati


Volessi scrivere un racconto di fantascienza un po’ noir e un po’ idiota inizierei con la fine: “L’uomo dette l’ultimo morso al cetriolo killer, e finalmente si decise ad andare a votare Sì al Referendum”. Però non ho voglia di ridere. Non sono una scienziata, anzi, sono la cosa più distante che ci sia dalla scienza, ma per fortuna mi conservo razionale e quindi sì, credo di potermi sentire in dovere di accettare l’invito che da più parti mi è arrivato, di spiegare perché andrò a votare ai prossimi Referendum e perché voterò 4 Sì.

Il motivo principale per cui mi recherò alle urne, contrariamente all’invito odierno dei vescovi, è quello di politicizzare il mio voto, stando bene attenta a votare per prima la scheda di colore verde chiaro, quella che in pratica serve ad abolire l’onta del legittimo impedimento. Dopo di che, non dovendo alternare le risposte, prenderò le schede una a una, stando attenta a non sovrapporle, e farò una ics sui 3 sì rimanenti, sia per i due quesiti inerenti l’acqua, che quello sul nucleare. Lo farò con estrema tranquillità, proprio come se fossi uno studente che va tranquillo al compito in classe, perché sa già le risposte.

Il mio voto sarà assolutamente e irrimediabilmente politico, perché per esempio con un semplice Sì, sul nucleare, mi prenderò quel pezzo di democrazia che questo potere mafioso e arrogante, ha provato a rubarmi, prevaricando la volontà popolare già espressa nel 1987, quando avendo una bimba di appena tre anni, alla quale facevo mangiare le verdure con il patema d’animo, e per la prima volta pensai che il mondo, se non poteva essere salvato, almeno doveva essere preservato dalla barbarie dell’uomo, per lei e per il suo futuro. Non posso e non voglio nemmeno azzardare una disamina scientifica sull’argomento, anche perché ad oggi, gli scienziati che ho sentito, nuclearisti convinti, mi hanno fatto ribrezzo. Ci hanno detto, in pratica, che le morti inevitabili – anche e soprattutto di bambini – sono poco più che una sorta di rischio calcolato per garantire a chi vivrà di poter consumare più energia di quanta già non se ne sprechi ora. “Non ci basterà più!” avvisano minacciosi. Ovviamente a nessuno è balzata alla mente la domanda che a me sarebbe sorta spontanea: “Perché non attivare serie politiche per il risparmio energetico?” Non l’hanno fatta la domanda, perché tanto semplice quanto sarebbe stata la risposta: “Perché nasciamo col codice a barre impresso sulla schiena, e non nasciamo uomini liberi, ma consumatori condizionati dal capitalismo.”

Resta l’ultimo voto politico, sull’acqua pubblica, e anche qua non sento l’esigenza di leggere il quesito referendario, sapendo già la risposta a memoria: “Sì!” Perché le prossime guerre, saranno per l’acqua. Sì, semplicemente perché come l’aria ci necessita per vivere. Sì perché nessun uomo può essere messo in condizione di avere il potere di vita o di morte, su altri uomini. Sì perché in Italia, a prendersi il potere di aprire o chiudere il rubinetto, giocare con la nostra vita, rivalersi sul codice a barre che ci hanno stampigliato con la schiena, sarebbero ancora sempre e gli stessi mafiosi che già hanno spolpato la gran parte di questo stato.
Ricapitolando, dopo il primo, il verde chiaro, quello che mi farà provare uno strano solletico in pancia e anche un poco più in giù al momento del voto, del colore delle altre schede me ne infischio. Voto Sì perché non sono imbecille, e perché tracciare 4 croci sarà come crocifiggere quel tizio quattro volte. Non capita spesso, e ne voglio approfittare.

Rita Pani (APOLIDE politicizzata)


6.02.2011

 

Facciamoci passare la sbronza

Oggi non c’è bisogno di incedere col turpiloquio per chiamare quel tizio col suo nome, la Repubblica festeggia a suon di fischi, che meglio non saprebbero dire. Una Repubblica forse ancora un po’ stordita dall’ebbrezza e quindi, ancor più fragile e in pericolo. Si ha sempre la tendenza a sedersi, quando si ha la convinzione d’aver vinto almeno una battaglia, e il riposo rinfranca e impigrisce.

C’è tanto ancora da combattere, per poter sì finalmente festeggiare, quindi è bene allentarsi un po’ i lacci delle scarpe, far respirare un po’ i piedi, ma poi riprendere il cammino, guardandosi le spalle ancor di più. Nulla nella vita, o in Italia, succede per caso.

Non è un caso che due giorni prima della festa della Repubblica, per l’ennesima volta sia spuntata sui banchi del Parlamento la richiesta infelice di equiparare gli assassini fascisti di Salò ai combattenti Partigiani, e non è un caso che senza vergogna, oggi a Roma siano apparsi i manifesti che recitano: “L’unica Repubblica è quella di Salò”. Non è un caso che il Parlamento italiano, continui a legittimare il reato e chi lo compie, non può esserlo quando il governo è guidato da un malfattore che intende sovvertire le regole dello stato, per legittimare sé stesso.

È bello sbronzarsi, ma è bene farsi passare la sbornia al più presto e riprendere il contatto con la realtà, per non trovarsi poi a doverla affrontare disarmati. Se la faccia più pulita che questo governo ha, per ricompattare le file del suo partito è quella di Angelino Alfano, allora c’è da domandarsi ancora una volta qual è la parte d’Italia a cui si sta mandando il messaggio. Ci sarebbe da ricordare cosa la storia insegna della mafia che viene toccata, quali siano stati negli anni i suoi colpi di coda, e soprattutto c’è da ricordare quale sia sempre stato il filo conduttore dei meccanismi economici, nell’Italia berlusconista di stampo mafioso.

Bisogna fischiare più forte, bisogna fischiare sempre e non perché lui colga l’insulto di quelle bordate, ma perché le colga il sistema malavitoso che lo sostiene e che già pretende un sostituto, un altro burattino da manovrare, perché è triste ammettere che solo così finalmente finirà, ed è terrificante sapere che a quel punto – e solo allora – toccherà a noi mostrare davvero il nostro valore, sostenendo con tutta la forza di cui saremo capaci il cambiamento alla prospettiva di cambiamento che tutto cambia per restare uguale.

Bisogna fischiare più forte perché qui fischi saranno ignorati da un governo che è solo potere, il più squallido e becero che ci sia. Risponderà come deve, con un po’ più di arroganza a tranquillizzare le mafie, e a incedere con più forza, con un suo sodale più esperto, magari tesserato come lui alla P2, nella sua personale battaglia di annullamento della democrazia e della Repubblica. Il popolino imbecille non incide più, lo ha dimostrato voltando le spalle ad un uomo ridicolo che ha ridicolizzato un’intera nazione, per questo dobbiamo (dovremmo) stare più attenti. Perché la guerra sarà impari. Noi siamo onesti.

Rita Pani (APOLIDE che illusioni non ne ha più)

This page is powered by Blogger. Isn't yours?