9.14.2011

 

Il lavoro uccide ancora

Sei è il numero perfetto. Devono morire sempre sei lavoratori tutti insieme, perché almeno per un momento la stampa italiana si ricordi della carneficina quotidiana del lavoro, quel poco che resta. Morire in ordine sparso non dà diritto nemmeno alla cronaca, troppo piena di cose nere o rosa, che fanno oggi politica.

Qualche giorno fa a Ravenna un uomo è morto cadendo da un’impalcatura non a norma. Il padrone ha pensato bene di far prendere il cadavere e spostarlo in un luogo più consono alla ricostruzione asettica di un incidente banale, uno di quelli che può capitare. E giorni prima altri morti, di solito schiacciati da trattori o macchinari. In modo beffardo, persino il 6 settembre – giorno dello sciopero generale- ne è morto uno in provincia di Bergamo, che se solo avesse aderito allo sciopero sarebbe ancora vivo. Gente distratta, o forse che non ha guardato la televisione, dove veniva trasmesso lo spot della propaganda che pressappoco recitava così: “Se crepi al lavoro, in fondo è colpa tua. Mettiti il caschetto giallo, che fa anche un po’ figo.”

E questo è tutto quello che il governo serio di una nazione civile è riuscito a fare per contrastare la strage infinita. Come del resto per la crisi economica: un altro spot sull’acqua calda. Il governo di evasori fiscali ha scoperto che “pagare le tasse è bellissimo”, perché poi magari si trovano i soldi per i servizi.

738 morti sul lavoro in meno di un anno, aggiunti alle migliaia degli anni scorsi fa – appunto- una strage infinita della quale non si parla mai, alla quale ci siamo abituati o disabituati grazie al silenzio. Non si ricordano i nomi di questi morti, incapaci di destare il cordoglio della nazione, forse perché non sono mediaticamente attraenti come quelli delle vittime bambine, delle quali si ricordano anche i visi immaturi, e i nomi dei loro assassini. Sono morti per la strenue lotta di sopravvivenza in questo paese già morto di suo, e non possono essere utili alla società, come per esempio una ragazza che muore appesa con una corda al collo, mentre cercava l’orgasmo estremo, che ha fatto sì che da giorni, illustri sociologi e sessuologi si dimenino in televisione per spiegarci che è una morte figlia dei tempi, stressanti, che viviamo.

Come ogni volta allora c’è da ringraziare quando si muore in sei, per quell’attimo che ci permette di ricordare che si muore di lavoro per la logica del profitto, e che si fa silenzio quando il lavoro ammazza un lavoratore, perché di lavoro si dovrà morire sempre di più, ora che in nome della crisi tutti i diritti sono stati abrogati, e in barba al pensiero leghista – e ancora in silenzio - ci accingiamo ad essere comprati in blocco dalla Cina.

L’altro giorno inorridii per la dichiarazione imbecille di quell’inetto di sacconi, il quale disse che gli operai avrebbero dovuto entrare nell’ordine di idee di poter essere licenziati. Oggi mi viene da pensare che forse non sarebbe poi così male.
Rita Pani (APOLIDE)

Comments:
comunque Sacconi sta facendo un discorso ipocrita…mettere la tutela del posto di lavoro in mano ad un sindacato , certamente corruttibile, quando non giallo…NON È ASSOLUTAMENTE LA STESSA COSA DI TUTELARE IL LAVORATORE CON UNA LEGGE…LA TUTELA LEGALE DEL LAVORATORE È MOOLTO PIÙ EFFICACE !

…una balla da berluscones insomma…

rimettere i diritti dei lavoratori in mano alla volontà di alcune persone ( sindacati e datori di lavoro…) è un ritorno AL DIRITTO DI TIPO MEDIOEVALE…QUANDO NON ESISTEVA LA PREVALENZA DELLA LEGGE…QUESTI CI VOGLIONO FARE TORNARE AD UNA SOCIETÀ MEDIOEVALE…MAGARI DIVISA IN CETI…IN CASTE APPUNTO ( IO LE CHIAMO OLIGARCHIE POLITICANTI…) !!
 
Posta un commento

<< Home

This page is powered by Blogger. Isn't yours?