7.30.2010

 

A pesca di trote e delfini

La trota, ventunenne, con la faccia da cretino integrale, brutto e storto come suo padre, si candida a modello per i giovani che volessero “fare” politica. Mi sono commossa nell’apprendere che ancora ci sia voglia di mettere tanta passione nelle cose che si fanno.

“manca tra i giovani un po' di passione -osserva bossi- e in me e' nata in giovane eta' quando seguendo mio padre nelle varie feste della lega sul territorio mi sono appassionato e quindi io l'ho sempre avuta. Credo e spero di riuscire a diventare il punto di riferimento della politica per i giovani di oggi”.

Chi di noi non si sarebbe appassionato alla politica, andando a mangiare polenta a Pontida? Chi di noi sarebbe da giovane rimasto immune, dinnanzi ai comizi di gentilini o borghezio, e quale figlio non avrebbe sperato di diventare come suo padre, quando dichiarava d’avercelo duro? Difficile davvero non appassionarsi alla politica, quando hai ventuno anni e tuo padre ti procaccia una sedia che ti farà guadagnare una paghetta da dodici mila euro al mese.

La politica. Che bella cosa era quando ancora aveva senso! Ce lo avrebbe ancora, certo, è che lo abbiamo perso quasi vergognandocene un po’. Quasi fosse una fatica sprecata continuare a ragionar di cose che sembrano non esistere più in questo stato del partito azienda, a conduzione familiare o peggio spartito dalla corte coi di cortigiani, a ricoprire quei posti per i quali i familiari non bastano più.

La politica oggi è la dichiarazione di quella sorta di rozzo figuro di maroni: “Il Governo non rischia di cadere, tanto meno sulla legalita' che e' un fiore all'occhiello di questo esecutivo - dice il ministro dell'interno della Lega roberto maroni in serata al Tg2 - C'e' tensione, ma sono certo che non avra' riflessi sull'azione di governo”.

“Un fiore all’occhiello”, detto al Tg2, forse tempo addietro mi avrebbe fatto anche ridere, solo che in questo periodo, non mi va poi tanto nemmeno di lasciarmi andare al mio adorato cinismo. Sono altri gli istinti smossi da tanta vile arroganza, che non scriverò per decenza e non per timore di “bavagli”. Lo sappiamo tutti che il governo cadrà, come sappiamo che non sono state le catene umane o i post it a far indietreggiare la legge bavaglio, ma al contrario il calcolo del padrone del consiglio, certo che il governo proprio su quel punto sarebbe potuto cadere, rovinando la pace e la quiete delle puttane che lo attendono ogni giorno nel castello preso in affitto. Ha provato – il padrone – persino a licenziare il presidente della Camera, come fosse un servo infedele trovato a rubare gli avanzi della cucina. Sappiamo tutti – ma anche no – che sarà proprio fini il peggio ad arrivare, perché se pure sporco come chi esce da un letamaio, ha trovato un profumo abbastanza coprente, capace di far sopportare il suo odore anche a quello che resta della sinistra. Era il delfino di almirante, e i compagni sembrano averlo scordato, arrivando quasi ad ammettere che può anche esistere un fascista per bene.

E questo mi fa pensare ai “probi viri”. Trovare un uomo probo all’interno del pdl è come cercare una puttana illibata; le stesse probabilità di vincere al super enalotto. Eppure se ne parla, con la stessa faccia di culo con cui il figlio del re di Padania, parla di politica; con la stessa arroganza con cui un ministro di un governo di mafia e malaffare parla di legalità.

Che io ricordi, forse la generazione mia riuscì ad appassionarsi alla politica, perché c’era ancora una certa urgenza di dar da mangiare all’intelletto. Prima di noi, e meglio, lo fecero i Partigiani. Ora sì, ci sarebbe davvero da trovare giovani appassionati che ritornino proprio a quel tempo, e al tempo di una nuova e reale Resistenza, che comporti però una nuova guerra di liberazione. E la guerra non si fa, né con i post it, né tenendosi per mano. Si vada a pesca di trote e delfini.

Rita Pani (APOLIDE)

PS … da questa sera, inizierà il mio viaggio.


7.28.2010

 

Primi esempi di segnali erotici della storia

“Primi esempi di segnali erotici della storia: le femmine si facevano corteggiare da chi le aveva le più belle e forti …”

Dovrebbe essere la sintesi di un lungo e minuzioso lavoro di ricerca, svolto da ben due università sui dinosauri. Sembra che i ptenarodonte, esemplare di pterosauro, avessero delle vele dorsali anche cinque volte più grandi dello scheletro, e che le dispiegassero per corteggiare ptenarodontine, le quali sceglievano sempre il loro fidanzato pterosauro in base alle dimensioni e alla bellezza.

Il lavoro degli scienziologi è stato certosino, hanno scavato e riesumato ossicini fossilizzati, sudato e faticato per scoprire ciò che è ancora oggi visibile in natura. Molte specie di uccelli, per esempio, corteggiano le femmine gonfiando il lucido piumaggio, il pavone fa la ruota, il gorilla si pesta il petto possente, l’uomo infila batuffoli di cotone dentro il costume da bagno.

Lo scienziologo australiano Joseph Tomkins spiega: «Le vele del pelicosauro sono il primo esempio conosciuto di tratti sessuali secondari tra i vertebrati» e, in particolare, «la vela dorsale del dimetrodonte è in assoluto nel mondo animale tra i più grandi segnali sessuali».

La cosa buffa è che l’evoluzione di questi animali, ha portato ad una crescita ancora più netta degli apparati per i richiami sessuali, mentre l’evoluzione dell’uomo ha portato ad un rimpicciolimento dell’organo riproduttivo. E anche questa informazione è frutto di una ricerca scienziologica, che non nego ha lasciato in me la curiosità di sapere su quali resti o reperti sia stata effettuata, perché se è vero che le vele di un dinosauro possono conservare lo scheletro anche dopo millenni … lo capite da voi, no?

Mi piacciono molto questi studi, anche perché in fondo spiegano bene l’appartenenza dell’uomo al regno animale e la sua complessa evoluzione non solo antropologica, ma sociologica. Una volta l’uomo per essere attraente doveva essere un bravo cacciatore, poi un bravo lavoratore, dopo doveva essere un po’ grasso, in modo da dire alla donna che poteva procacciare il cibo e la sostanza, dopo ancora muscoloso e con i denti tanto bianchi da essere fluorescenti, ora invece, al massimo della sua evoluzione, può essere anche solo il tizio o brunetta.

Insomma, che siano dinosauri o uomini, l’apparenza è la base prima per i fondamenti dell’amore. Il potere, le ville, l’aereo, la barca, il danaro, rendono sessualmente appetibile persino il tizio più vecchio e maiale del consiglio degli ultimi 150, - per le madri delle ragazzine da offrire in dono al sultano. Sfoderando il potere acquisito riuscendo ad arrampicarsi su una sedia di un ministero, persino brunetta è riuscito a fidanzarsi con titti. Per le donne leghiste, il bossi, rappresenta il sogno erotico, e per le giovani padane questo mito è surclassato solo dal di lui figlio trota, notoriamente né bello né intelligente. È presente poi in letteratura anche il caso della tulliani, la compagna di fini (che la mise incinta un paio di giorni dopo aver partecipato al family day) di cui ancora si ricorda l’amore infinito per gaucci, il cercopiteco perugino. E i casi riportati dagli organi di stampa sono innumerevoli; un giorno o l’altro, poi, saranno forse proprio queste notizie che verranno studiate da altri ricercatori, per stabilire quali fossero i canoni di bellezza a cui le donne non riuscivano proprio a resistere. Due o tre mila anni, e rimbomberanno le risate dei posteri.

Ci sarebbe anche da attardarsi nell’evoluzione della donna, che allo stesso modo ha sviluppato nuove tecniche di richiamo sessuale, ma andrei davvero troppo lunga e poi non sono ancora così scienziologa.

Rita Pani (APOLIDE)


7.26.2010

 

D'estate non si fa

“Mantenersi belle è un dovere morale, che devi prendere con te stessa”, mi hanno detto da poco, “perché non si sa mai, nella vita tutto può accadere e tu devi farti trovare pronta.”

E resto così, sempre più bastonata, ricordando quelli che furono gli insegnamenti all’inizio della mia vita, nata in una famiglia per bene. Mi ricordo per esempio concetti primitivi – e ormai obsoleti – come l’onestà che doveva essere regola, e la pulizia sia materiale che morale. Per esempio, non sono mai stata troppo attenta ai particolari della mia biancheria intima, e talvolta è capitato di indossare mutande dal colore incerto per troppi lavaggi, o con l’elastico divorato. Quando mia madre si accorgeva, mi diceva di cambiarle … “che se ti succede qualcosa” … Ho motivo di credere che “quel qualcosa” fosse un incidente o una disgrazia, che al pronto soccorso avrebbe mostrato al mondo l’orrore della normalità. Dubito molto che mia madre – e immagino molte delle vostre – si riferisse al “farsi trovare pronte” per i casi della vita.

Tutto inizia col fatto che mi è stata offerta – a mo’ d’aiuto – una ceretta gratis. Io non faccio la ceretta, ho una soglia del dolore che inizia e finisce esattamente alla “esse”, e poi, in questo momento non so perché non riesca a vedere i peli delle mie gambe come un problema impellente. Ho ringraziato, ovviamente perché un pensiero gentile resta un pensiero gentile, ma ho rifiutato: “guarda, fosse stato un intervento risolutivo col napalm, avrei anche accettato, ma ora … comprenderai … ho altri pensieri più urgenti che deforestare la mia zona bikini” (che inguine fa tanto volgare).

Ed è tornato il tormento dell’estate, che è stagione buona solo per non pensare. L’estate che dovrebbe essere solo sedie a sdraio, piedi nudi e gelati che si squagliano in fretta: “Ora hai solo bisogno di farti bella e andare al mare, di riposare.” E d’incanto tutto mi appare chiaro, come quando la mattina spalanco la finestra della camera da letto, con gli occhi ancora sazi del buio.

Le cose d’estate continuano a capitare: i lavoratori uccisi dal lavoro, i vecchi che rubano il prosciutto al supermercato e vengono arrestati e portati via in manette, bambini che muoiono in ambulanza perché gli ospedali sono chiusi. Ma come possiamo pensare che siano cose da dire alla signora sotto l’ombrellone, con i capelli freschi di parrucchiere, e l’ombretto intonato col colore del costume? Possiamo odiarla così tanto da farle sapere che una pressa ha schiacciato un uomo che sudava di fatica? Saremmo dei mostri.

Non diciamo che per una bustina di prosciutto un vecchio è stato processato per direttissima, anche perché a Londra “va per la maggiore” il prosciutto per cani, ai quali a fine pasto si potrà dare anche il gelato al pollo. Non urtiamo la suscettibilità della signora che ha combattuto la battaglia contro gli inestetismi della cellulite che una bimba è morta perché non c’era un ospedale che potesse ricoverarla, perché la ricerca scientifica sta facendo passi da gigante, per tenere in vita un tizio per 150 anni (che poi sarà anche il tizio più longevo degli ultimi 150 anni) ma soprattutto per far sì che la crema solare adatta a noi, sia scelta in base al profilo genetico; ed è una gran cosa!

Non è poi così terribile, quindi, che la sintesi di questa fottutissima estate possa essere “er calippo e na bira”, con le foto gallery sui giornali del “ritorno da star” delle coatte di Ostia, con i sondaggi sul Corriere della Sera, che solerte ci chiede se sia giusto o no, ridere dello slang dialettale. No, non è giusto, perché il federalismo è una cosa importante, risponderei, al punto che la secessione è regola nello statuto della lega nord. Ma così facendo riprenderei a parlare di politica, e d’estate non si fa.

Si va al mare, non avrò tempo di farmi bella – peccato – spero non ci siano posti di blocco e che mi facciano passare ugualmente.

Rita Pani (APOLIDE)



7.23.2010

 

Per carità, non siate catastrofisti

E il tizio disse: delocalizzare senza penalizzare i lavoratori italiani. Non fa una piega. Quando mai spostare la produzione della FIAT in Serbia, potrebbe recare danno ai lavoratori italiani? Poi oggi l’ha detto anche il Presidente della Repubblica che l’economia italiana va bene, pur riconoscendo che la disoccupazione giovanile, potrebbe diventare un problema. Potrebbe.

Sono notizie che un po’ mi confortano, perché tutti continuano a dirmi che sono giovane, anche il Presidente della Repubblica, e in momenti faticosi come questi fa sempre piacere ricevere un complimento, anche se non proprio sincero.

Cerco lavoro da almeno cinque anni, con più decisione e motivazione negli ultimi cinque mesi. Mi hanno detto che però, i tempi standard per trovare occupazione in Italia, sono saliti a un anno e quattro mesi. Me lo ha detto uno statistico amico mio, che lo fa proprio di mestiere anche se precario e da due mesi senza stipendio. Gli ho detto che spero per lui abbia iniziato a cercare in anticipo, per essere sicuro di rientrare nei calcoli da lui stesso prodotti. Di mio, mai una volta che rientri in una statistica qualunque, nemmeno in quella del paniere della spesa.

Ho appena letto la notizia del lavoratore di Lucca, che licenziato sei mesi fa, questa mattina si è recato nel suo ex posto di lavoro, ha ucciso due dirigenti e poi si è tolto la vita. Aveva 51 anni, manco a dire che stesse per diventare un problema. Questa notizia mi ha sconvolto, perché nemmeno per un momento sono riuscita a inorridire. È la legge della giungla, e forse è il caso che si inizi a comprendere che nella giungla, ci stanno facendo vivere.

Insomma, come ha detto il Presidente: "nessun catastrofismo, ma consapevole realismo".

E quindi la smetto, perché mi hanno ripetuto anche dieci minuti fa, che devo stare tranquilla, che devo provare a prendere agosto come fosse vacanza, che devo andare al mare, mangiare frutta e verdura, e se possibile innamorarmi, che tanto ad agosto non succede mai nulla. Dei problemi dovrò occuparmi a settembre quando tutto si rimetterà in movimento …

M’ero quasi convinta, poi ho letto un articolo col quale si sconsigliava l’utilizzo delle Crocs e del tanga a perizoma, e mi e tornato un rigurgito di realismo … Ma ci penserò a settembre.

Rita Pani (APOLIDE in delocalizzazione)


7.22.2010

 

S-conclusione (Post sconclusionato)

Ieri mi ha telefonato la signorina numero 457XX del servizio clienti Fastweb, mi faceva un offerta che non avrei potuto rifiutare. Non odio i lavoratori dei call center, anzi, ho molto rispetto per la loro schiavitù, così, se sento dall’altra parte del telefono una persona che nonostante tutto si sforza di essere gentile ed educata, mi attardo, ascolto, rispondo.

Poi ho dovuto dirle che ad oggi non so se potrò mantenere l’utenza telefonica e tanto meno so, se presto potrò averne un’altra; poi l’idea: “Senta, ma se per assurdo finissi sotto un ponte? Crede che si possa studiare una nuova formula homeless? Certo, a quel punto Valentino Rossi perderebbe d’efficacia come testimonial, però visto l’andazzo potrebbe essere un’idea.”

M’è parso di vederla indecisa, se ridere o prendermi sul serio. Non so perché l’ho immaginata piccola e bellina, con i capelli neri e gli occhi dubbiosi. Poi ho sentito il suono della sua risata, e l’ho sentita chiamarmi per nome, restituendo così a entrambe, una dimensione umana. Le ho spiegato delle mie scatole piene (che è anche una metafora) le ho detto dei sacchi neri dell’immondizia che pesano come cadaveri e che la notte, come fossi Dexter – il killer dei serial killer – trascino fin fuori il cancello di casa, le ho detto che le avrei lasciato il tempo di ricontattarmi prima della scadenza della promozione, come fosse un omaggio la provvigione che riceverà. Ci siamo salutate ridendo.

Oggi è diverso, e non ho voglia di ridere. Non ancora almeno. Stavo dentro il capanno degli attrezzi, ricolmo di quattro anni di oggetti riposti alla rinfusa, rovistando per mettere in salvo le cose che appartengono a mia figlia, per non lasciare indietro un pezzo della sua vita a perdersi con quel pezzo della mia che non vedo l’ora di dimenticare, e d’un tratto, saltellando lo sguardo da una cosa all’altra ho compreso quanto il morbo del berlusconismo si sia radicato tutto intorno a noi, persino in coloro ai quali per sette anni pieni abbiamo lavato le mutande, o a coloro le quali per quattro anni abbiamo dato pezzi importanti della nostra anima. Compagni o amiche, persone insospettabili, che parlavano di anarchia o del rigore della moralità.

Quelle cose abbandonate, ricoperte di polvere e ragnatele, mi hanno ricordato ogni singolo sacrificio, ogni singola rinuncia fatta per averle. La moto zappa, o l’aspirapolvere che sarebbe morta dopo un anno di peli di cane, la pressa per i pomodori o il divano dove si stava bene anche allungati. I progetti fatti di fatica da fare, per costruire qualcosa che ci potesse far tornare alla dimensione umana, il ritorno alla terra ai suoi prodotti, al pomodoro che è solo un pomodoro.

Ancora ho sbattuto con un ginocchio sul bordo di una scatola piena di legnetti di fico, e si è fatta ingombrante l’immagine della noia, di un esistenza trascinata alla ricerca di una propria identità che avrebbe voluto – forse – formarsi alimentandosi di quella altrui. Le voci lontane di chiacchiere sulla rivoluzione possibile, nella disamina delle diverse caratteristiche della società che pare sempre circondarci, perché ammettere di farne parte ci darebbe troppa responsabilità. Il berlusconismo ha insegnato a troppa gente ad essere presenti solo per sé stessi e solo per i propri guai. Dà conforto la sofferenza altrui, che rende tutti più fortunati e tutto sommato grati alla vita, per averne una da sopravvivere. Il berlusconista ignaro d’esserlo può scordare l’amicizia e sbatterti in mezzo a una strada per una manciata di migliaia di euro; il berlusconista ignaro può sentirsi libero di sentirsi felice perché anziché raccogliere un chilo di pomodori spende 70 euro in una “vineria” (ossignore, ma quale mostro ha potuto inventarsi vineria?)

No, non sono uscita da Libro Cuore. Sono solo incazzata; orgogliosa, di essermi resa conto di essere immune dal morbo del berlusconismo. Ieri ho salutato l’operatrice 457XX ridendo, poi mi sono seduta sul bordo del letto e ho pianto. Oggi vado avanti.

Rita Pani (APOLIDE come non mai)

PS … potrei avere presto buone notizie ;-)


7.21.2010

 

Di povertà in povertà

Di povertà in povertà, si fa grande questo paese. Una volta si era tutti, prima di tutto proletari, nel senso che si facevano i figli come risorse. Erano buoni almeno, da grandi, a zappare la terra. Ora se hai un reddito di 500 euro al mese e trovi un giudice coscienzioso, nel profondo nord, il figlio che fai te lo portano via, senza nemmeno fartelo vedere. E lo fanno per te, per il tuo bene.

È uno stato coscienzioso il nostro, governato da un tizio pater familias che tutto pensa in nostra funzione, dalle intercettazioni telefoniche a la messa al bando della legalità, dall’abolizione delle tasse di successione, alla cancellazione dell’ICI. Tutto per noi. La devastazione dei diritti dei lavoratori, per permetterci di essere liberi di lavorare tutti di più, nella logica della leale concorrenza, del miglior offerente. Una volta si chiamavano marchette quelle che alla fine avrebbero fruttato la pensione. Oggi la marchetta la fai per lavorare, o lavori facendo marchette in schiavitù.

I malati di SLA minacciano di lasciarsi morire di fame, in questo stato che ha privato persino i disabili dei pochi diritti acquisiti con battaglie per la civiltà. E non lo sanno i malati di SLA, che l’Italia non permette di morire di fame? Non ricordano la povera Eluana Englaro, morta diciasette anni prima, che ricevette in dono da un popolo reso coscienzioso dal tizio suo padre, un considerevole numero di panini alla mortadella, e mille e mille bottigliette d’acqua? No, l’Italia non ci permetterà mai di morire di fame, ci offrirà sempre montagne di rifiuti presso i quali rovistare, o un sondino naso gastrico.

Ci vogliono bene, e quindi meno tasse per tutti. Anzi come ha detto quella cosa buffa di ministro: “nuove tasse sarebbero state un suicidio.” Ha anche detto che per la prima volta hanno toccato anche i “papaveri”, e io ci credo perché in effetti hanno l’aria di averne inalati parecchi. Nel giro di tre giorni sono lievitati i prezzi dei supermercati, tutto è aumentato in media di 50 centesimi, ma va bene così perché non sono tasse. I pedaggi autostradali, per esempio, il tabacco in busta (quello dei poveri), e tutto il resto non sono tasse. Tasse è così comunista come termine, che prima o poi dovrà essere sostituito da un neologismo più consono alla destra italiota.

Protestano tutti, dagli operai ai poliziotti, dai malati ai medici, dagli studenti ai docenti, dagli enti parco alle regioni. E che sarà mai? Il popolo ha sempre da protestare, lo dice la storia che non è mai contento. L’importante è non ascoltare, o non farlo sapere troppo in giro. Non porsi domande.

La povertà che genera povertà. Questa è l’Italia nella quale anche io continuo a dimenarmi, tra la rabbia che sale e molta cinica ilarità, guardandomi in giro tra simili, che sono convinti ancora che possa esserci una speranza dietro un annuncio di lavoro che recita: “dai 18 ai 60, no automunito, no titoli …” E mi pare normale, a fare volantinaggio per i supermercati, ci si va a piedi e anche sotto il sole. E ai giorni nostri, in questa Italia che riprende la sua economia, e che ruba i figli alle madri povere, e che lascia morire i suoi malati, i volantini delle offerte sono fondamentali.

Rita Pani (APOLIDE spot)

PS
Tutto sommato ancora R-Esisto ;-)


7.15.2010

 

FINALMENTE APOLIDE

Datemi tempo, e tornerò. Ora è bene che vada a diventare – finalmente – apolide di fatto. So che ultimamente girano molte leggende metropolitane su di me, sul fatto che io in realtà viva in un casale immerso nelle campagne umbre, fatto di pietra e con un camino che aspetta l’inverno o la neve per essere acceso.

Dicono che io sia diventata improvvisamente ricca, attraverso le donazioni del blog, e che mi trastulli tutto il giorno a fare la diva su feisbuk. Dicono che in realtà ho pure un amante, un ricco possidente toscano, che paga i conti miei e i miei gioielli. La cosa più bella che dicono è che in realtà io sia in attesa di un mega contratto con una casa editrice, e che questo non sia altro che un banale calcolo di marketing.

Dicono di me molte cose, e se avessi voglia ci sorriderei sopra. In realtà non posso farlo, perché ho la casa piena di cartoni, i capelli in disordine, e sudo al punto che mi sento incartapecorita.

Io, di me, lo nascondo nei racconti, o lo dico con gli occhi alle persone che mi stanno vicine. Io di me, non son capace né ad occuparmi, né di curarmi, perché io e il di me, siamo molecole di uno stesso universo che volenti o nolenti ci racchiude tutti, noi miserabili umani. E avete voglia a sgomitare per farvi spazio, ci starete comodi solo per un po’, solo fino a quando troverete uno che sgomita più forte di voi. E almeno questo io l’ho capito, e conservo le forze.

Quel che mi sento di dire – e che ho bisogno di dirvi – e che anche questa estate sparisco per un po’, ma a differenza dell’estate scorsa non per andare in vacanza, ma per dedicarmi a mettere un punto a questo tratto di esistenza e ricominciarne un’altra. Ho da dislocare le mie cose, e dopo dislocare anche me. Quindi, ritrovata una spina a cui attaccare il mio PC tornerò a scrivere sulle cose della vita e della politica, che poi, sono la stessa cosa.

Con l’occasione ringrazio quanti di voi (e siete tanti a dispetto di chi in questo momento eiacula di felicità come un babbuino segaiolo eccitato) mi sono stati vicini, anche solo con un sorriso, che a volte per me vale più di una giornata di sole.

Una decina di giorni, non di più … e non abbiate timore, quando tornerò, il tizio starà ancora là ad aspettarmi.

Rita Pani (FINALMENTE APOLIDE)


7.14.2010

 

4 sfigati e un tizio bastardo

Il tizio e l'inchiesta P3: "Solo 4 pensionati sfigati che si mettono insieme per cambiare l'Italia.... ma se non ci riesco io?"

È solo una questione di punti di vista. Tutto nella vita cambia a seconda di come lo si guarda. Ciò che a noi sembrava un’associazione segreta a delinquere, per il tizio era un gruppo di volenterosi vecchietti che volevano cambiare l’Italia, e pure arroganti e presuntuosi. Ma come hanno osato pensare di riuscirci, visto che non c’è riuscito nemmeno lui, che pure vecchio e criminale lo è?

Quattro pensionati sfigati, proprio come quei vecchi che una volta al mese, il pomeriggio del martedì, siedono con pazienza sotto un albero di olive, davanti alla Caritas in attesa di due pacchi di pasta e una bottiglia d’olio – tutto quello che passa il convento.

I pensionati sfigati, che hanno avuto paura di finire nelle stazioni, a raccogliere l’avanzo dei panini che la gente butta per schifo nella spazzatura.

4 pensionati sfigati, che portavano 500 mila euro dentro le loro valigette, che compravano giudici, che aiutavano il tizio diversamente vecchio del consiglio, magari a sua insaputa come si usa fare tra sfigati di un certo rango.

E che ingrato questo paese di giudici comunisti, di giornalisti catastrofisti, di gente per bene che lentamente muore! Che paese è quello che mette in carcere un vecchietto di 78 anni, pensionato sfigato, che voleva cambiare l’Italia?

Mi ricordo l’arringa difensiva del PSI che fece bottino craxi in Parlamento quando risolse “Tangentopoli” nella semplice presenza di qualche mariuolo. Cambiano i tempi, scivolano le stagioni e tutto resta uguale, tranne che per una cosa. Non so se avete notato, ma in occasione degli scandali invernali, si tratta di “fango”, mentre ora che fa caldo e siamo d’estate, tutto è solo “polvere o un polverone”. E dobbiamo dare atto: almeno questo una certa logica ce l’ha.

Rita Pani (APOLIDE)


7.13.2010

 

Loro hanno vinto (personale ma anche no)

La nuova ‘ndrangheta, la nuova P2, la nuova politica, la nuova cultura, la nuova economia. L’altro giorno nel mio ennesimo inneggiare a Piazzale Loreto, qualcuno mi ha scritto che dovevo uscire e andare a respirare aria nuova; una sorta di brivido mi ha colto, accorgendomi di desiderare di respirare vecchio odore stantio.

E al vecchio vorrei tornare, avere il tempo di dedicarmi al viaggio a ritroso nella storia recente, non solo del paese, ma anche la mia. Per esempio a tutte le volte in cui risero delle mie idee bislacche, quando in tempi non sospetti – una tra le prime – scrivevo dell’intento del tizio di attuare il Piano di Rinascita della Loggia P2. La cosa più gentile che sentivo dirmi era che ero un residuato folkloristico del vecchio P.C.I. E quanto accanimento – anche qualche compagno – ci mise nel dirmi che ero poco costruttiva e che con la “fantapolitica” non saremmo mai arrivati da nessuna parte.

Non ho mai cambiato opinione, anzi, l’ho rafforzata semmai, sviscerata, spiegata, discussa e ragionata con l’insistenza tipica di chi ha dentro una certa dose di sardità, unita ad altri mille piccoli difetti che credo di non poter più correggere alla mia età. Son passati una decina d’anni, ora quella sigla da videogame la leggiamo ogni giorno sui giornali, accompagnati dalle solite “piogge di fango, invenzioni dei giudici comunisti”, e tutte le altre baggianate alle quali ormai siamo abituati, non ultime le rigorose prese di posizione dei diretti interessati, tese a rafforzare l’idea che nulla sia così drammatico, ovvero: “non mi dimetto, lasciatemi lavorare.”

Ricordo un’accesa discussione con un amico poeta – di certo spessore e cultura – sull’essere ancora possessori dell’ideale e dell’ideologia. Non capiva come mai io – nemmeno stupida – potessi continuare a basare le mie scelte di vita fondandole sull’ideale, figlio dell’ideologia, appunto. “È un modo di vedere le cose ormai sorpassato, bisogna guardare al domani in un modo diverso, svincolandosi dalle ideologie …” anche questo accadeva in tempi non sospetti, ma sentirlo dire da lui mi lasciò sospettare che qualche morbo fosse già stato inoculato nelle povere menti italiote. Non mi sbagliavo nemmeno quella volta, e lo dedussi proprio dai riscontri ai miei scritti, e sempre da quel folklore – il mio- che ritornava, arricchito da insulti o minacce a seconda del grado di leghismo di chi scriveva.

Oggi che la merda che io avevo previsto cade copiosa sulle nostre teste, vorrei poter avere la soddisfazione di scrivere a grandi lettere: IO VE LO AVEVO DETTO. Invece sono qui a dire che vorrei trovare il coraggio del compromesso con me stessa, e dedicare la mia scrittura ai panorami notturni di una terra che non ho fatto in tempo a conoscere bene, alla semplicità dell’uomo che scopre la vita in ritardo, o alla natura delle cose che non abbiamo più né voglia, né tempo di osservare. Vorrei essere stata colpita anche io dal morbo, ed essere capace di credere che la politica non c’entra con la vita, e che da essa non dipenda. Vorrei poter credere che è solo il destino a governare le nostre esistenze, e che noi ne siamo artefici.

Dicono che se smettessi di scrivere della realtà, allora avrebbero vinto loro. Guardo intorno a me le scatole piene dei miei pezzi di vita, quelle che ancora dovrò riempire senza nemmeno sapere dove alla fine le metterò, quella che ho qua accanto a me, con su scritto CD computer – quella che se pure non lo sapete contiene anche dieci anni della vostra vita – e sono sicura: loro hanno già vinto.

Rita Pani (APOLIDE)


7.12.2010

 

Responsabilità

responsabilità [re-spon-sa-bi-li-tà] s.f. inv.
Spesso i lettori si complimentano con me, per il senso ironico delle cose che scrivo. Educatamente ringrazio, ma mi sento disonesta. Non serve più conservare il senso ironico delle cose; noi che scriviamo, in fondo, non ci inventiamo nulla. Troviamo tutto già pronto, bello e confezionato da menti più eccelse delle nostre, su tutto quello che leggiamo.

Per esempio, questa mattina una delle primissime cose che ho letto, sono state le dichiarazioni di casini, che vorrebbe affidare a berlusconi un governo di “responsabilità nazionale”. C’è qualcosa di più ironico da aggiungere? C’è da sforzarsi la mente per trovare l’arguta battuta che possa strappare un sorriso ancor più grande di quello che si disegna sul viso di chi legge? (chi scrive si rotola)

Il clima è pesante, fa caldo, e tutti aspettano con ansia che passino questi ultimi giorni di luglio, per consegnare all’oblio tutta la merda italica, con l’avvento di agosto e delle vacanze. I giornali, preoccupati dalla legge sul bavaglio, scalpitano e incalzano con la cronaca un po’ più nera di quella politica, dei morti ammazzati o delle vacanze vip, e se non ci fosse questa storiaccia della P2o3 filerebbe tutto liscio. Si potrebbe arrivare indenni al mese in cui ci si deve occupare dei consigli del dietologo o del dermatologo, dell’esodo che fila liscio perché la protezione civile consegna le bottiglie dell’acqua sulla Salerno Reggio Calabria, magari acquistate con un appalto truccato, come pure sono da un trentennio truccati gli appalti dell’autostrada che non finirà mai d’essere costruita.

Ma non ci si può dedicare alla leggerezza, non è ancora tempo, c’è pure quest’altra storia del preoccupante inquinamento denunciato dall’ ANM, che produce una marea marrone assai più grande della marea nera con cui la BP sta finendo di uccidere il pianeta. E bisogna parlarne, bisogna scriverne, tralasciando l’arrivo dello yacht di questo o di quello in Sardegna, o le passeggiate a Capri, o i baci proibiti o no e le mani sulle chiappe mentre qualcuno prende il sole in riva al mare. Qualche giornale ha osato timidamente di infrangere la legge bavaglio, pubblicando le foto di giuliano ferrara in mutande: un atto eroico. Però poi si torna alla mafia e alla camorra, ai pericoli per la democrazia, alla richiesta paradossale di un governo di responsabilità.

Non c’è proprio più nessun rispetto per i cittadini. Come osa il procuratore Grasso dirci che questo governo in pratica funziona solo per uno scambio di favori tra reti criminali? Ma non si è accorto che è arrivata l’estate? E che sfortuna! È finito persino il mondiale, e con esso a breve sparirà anche il polpo Paul. Speriamo che a qualcuno venga in mente di farselo in insalata, almeno avremo tutti qualcosa per cui indignarci e lottare – firmare l’appello per evitare che sia servito con le patate – appurato poi che è un nuovo eroe italiano, la sua morte potrebbe essere un degna sacrificio. Molto più dell’operaio trovato morto ieri in un pozzo e scaricato in quattro righe di lancio d’agenzia. Persino più della morte di Giorgio Alpi, che persino Repubblica e Il Corriere (senza bavaglio) hanno scordato di menzionare nelle loro versioni on-line.

Rita Pani (APOLIDE)


7.11.2010

 

E c'è il debito pubblico

Comunque è bello, vivere. Riempi scatoloni, butti un occhio all’orologio che hai appeso al muro e vedi che son le sette della sera. Accendi la TV, perché da tanto non vedi un telegiornale e mentre continui a fare quel che stai facendo lasci parlare.

Iniziano a dirti che nel governo ci sono incomprensioni, che c’è qualche problema, ma nemmeno tanto grave. È solo una questione di numeri, è solo fredda contabilità che si risolve. Strappi il nastro adesivo, e inizi a sorridere perché la lega non vuole casini, ma intanto salta fuori bocchino … però la pagina politica continua con denis verdini, che non deve fare come branhcer, dimessosi troppo frettolosamente. C’è sempre chi in questi casi ricorre ai valori di una giustizia equa che i processi li svolge nelle aule di giustizia e dopo tre gradi di condanna. Solo allora, al limite, si potrà discutere se sia il caso o no che il sottosegretario all’economia, gestore dei soldi della mafia e della P2 2.0 (ma anche 3), stia o meno al suo posto.

Appare chiaro anche al più imbecille degli italioti che la cosca che hanno legittimato a governare stia spolpando anche i cadaveri seppelliti di fresco, ma si deve parlare della manovra economica e invitano l’illegittimo presidente della Regione Piemonte, capace almeno di non mettersi la maglietta al contrario e quindi più dotato della media leghista. Egli, con audacia e sprezzo del pericolo, è capace di parlare di risanamento del debito pubblico, e di federalismo fiscale, che dovrebbe garantire alle regioni una sopravvivenza senza assilli, e una migliore gestione dei fondi pubblici che, per sua stessa ammissione, sono pochi. Mi chiedo se gli sia passato per la mente che i soldi non ci sono, perché anche loro leghisti hanno partecipato in qualche modo alla spartizione, ma sono domande che mi restano appese, tra uno sbuffo e una parolaccia di fatica. E poi ci sono le nuove regole per le imprese, l’ennesimo regalo a chi deve raschiare le briciole di un’economia ormai agonizzante. Vedremo spuntare il cemento dove ormai nemmeno le aquile osano più perché le hanno estinte. Mi ricordo che l’anno scorso in Sardegna vidi una strada in mezzo al nulla, e mi domandai a che cosa potesse mai servire. Ora lo so, a cappellacci, carboni e la P3.

E ritorno sempre alle stesse congetture, mentre decido di smettere di faticare, che poi in fondo non ne vale nemmeno la pena, mentre iniziano a raccontare l’ennesima barzelletta di Gheddafi che aprirà un’inchiesta per comprendere come mai i profughi eritrei siano stati imprigionati e tenuti segregati sotto terra, su mandato del tizio che tutti ricordiamo nell’elegante gesto di baciare la mano all’amico libico; cosa che ormai, dopo Totò Riina e Andreotti non fanno più nemmeno in Sicilia.

È davvero possibile che tranne che a qualcuno – imbecille quanto me – sembri normale che un governo palesemente formato da criminali, ladri e malavitosi resti a giocarsi il destino di una nazione intera che ormai è davvero già morta?

Sarà che fa caldo e poi oggi è pure domenica. Magari me lo richiederò domani, anche se il lunedì è sempre un po’ faticoso.

Rita Pani (APOLIDE)


7.10.2010

 

Questione di privacy

Era il tempo in cui i giornali mostrarono la minchia di Topolanek, tendente al dritto, e rivolta verso una passeggera arrivata in Sardegna con un volo di stato. Iniziarono a dire allora che la privacy del politico dell’est era stata violata. Non si videro mai le altre foto, ma se ne sentì parlare. Pare ci fossero un paio di ospiti del tizio più viscido degli ultimi 150 anni, anche loro arrivate in Sardegna a spese nostre, che si esibivano in uno spettacolo lesbo, mentre il tizio e la minchia di Topolanek stavano a guardare. Poi pare ci fossero mani sulle tette, tette sulle mani, mani nelle cose, cose nelle mani, cose nelle cose. Insomma il reportage di un normale incontro tra primi ministri, nella nuova e più moderna Italia.

Stamattina mi è capitato di vedere esposto un giornale del tizio editore del consiglio; campeggiava una fotografia di due persone che non potevo riconoscere, avvolte da un telo da mare a strisce bianche e gialle.(alemanno/rauti) Ma la didascalia recitava: come claretta petacci e mussolini … coccole. In un mondo normale, “come claretta petacci e mussolini” potrebbe essere la didascalia alla gloriosa vittoria a Piazzale Loreto, new edition, per dirla in modo nuovo e moderno. Nessun problema di privacy per il sindaco di Roma, semmai l’esaltazione per essere stati accomunati al più bastardo fascista che l’Italia abbia mai conosciuto.

Ma ci evolviamo, Topolanek – o chi per lui – ora sta più attento a sfoderare la minchia durante incontri al vertice tra capi di stato, a Villa Certosa si compiono nuovi e più audaci abusi edilizi posti sotto segreto di stato, e il tizio si è blindato ancor di più, fottendosene comunque, e portando le sue amichette addirittura al seguito della delegazione partecipante a incontri internazionali. Sempre a spese nostre.

Roba vecchia che non interessa più. Ora abbiamo fatto il salto di qualità e il giorno dopo del silenzio stampa, il tizio melmoso riemerge e spiega ai suoi promotori della libertà, che quella di stampa non è poi un diritto assoluto; fa pure di peggio, indottrina gli imbecilli con il suo personale senso di democrazia. La stampa comunista non ha il diritto di travisare la verità sui miracoli effettuati, non ha il diritto di infangare il governo dei manganelli, non deve e non può sputare in faccia alla moltitudine di imbecilli che questo governo lo hanno votato, che anche la P2 è più nuova e moderna, anche se gestita sempre dagli stessi quattro ladri che già una volta ci misero in ginocchio.

Nemmeno per un momento ho pensato questa mattina, che aprendo i giornali avrei letto che ormai manca un anno perché il cancro sia sconfitto, così come aveva promesso il tizio, o che finalmente i vertici delle imprese grandi e piccole che con la crisi si stanno arricchendo sulle spalle dei lavoratori fossero stati tutti incarcerati. Meno che mai speravo che il debito pubblico si fosse ridotto attraverso la confisca dei miliardi che la nuova p2 ha rubato a noi tutti.

Ho trovato semplicemente le solite violazioni della privacy: indagati, corrotti, ladri, scandali, ricatti e minacce dei finiani, riunioni di governo a casa di vespa il giornalista durante la quale si è tentato di formare un nuovo governo, tirando dentro casini, possessore dei voti e degli uomini della cosca di cuffaro, che potrebbero trovare un po’ di pace mafiosa con la cosca di dell’utri … cose così, insomma, cose di ordinaria politica italiana.

E mi ritorna l’annosa domanda … vale davvero ancora la pena di dimenarsi tanto? Ci basta davvero un post it e a firma su un appello? Io la risposta la so, ma non la dico. Non mi piace quando mi dicono che non sono capace d’amare.

Rita Pani (APOLIDE P.L.)


7.08.2010

 

Silenzio

Oggi faremo silenzio, ma dopodomani, approvata la legge, spero tutti continuino a parlare, dire, raccontare. Chiamando le cose col proprio nome, il modo più semplice che c'è per farsi capire e per farsi ascoltare anche da chi non vuol sentire.

Come disse il tizio malfattore del consiglio, se una legge è iniqua è bene trasgredirla. Certo lui si riferiva alle tasse che evade, noi - spero - alla libertà che dobbiamo riconquistare.

Rita Pani (APOLIDE senza post-it)

 

Dei miracoli e altri reati

Ce la fa ancora il tizio dalla faccia di gomma, a presentarsi davanti alle telecamere del regime, a ciarlar di miracoli. Ce la fa, nonostante bertolaso, i ministri ladri, i faccendieri corrotti, e i bastardi che mentre la gente moriva, ridevano fregandosi le mani. Ce la fa anche affibbiare la responsabilità della mancata ricostruzione alla regione o ai comuni, assolvendo lo stato – sé stesso. Come se noi potessimo scordare le leggi speciali, la militarizzazione del territorio che a lungo ha impedito allo stesso sindaco Cialente di decidere se spostare o no una pietra. Ai cittadini di andare a piazzare un fiore nei luoghi dove morirono i propri cari.

Come se non fossimo in grado di ricollegare “l’affare” G8, che ha visto rapinare due popoli e due regioni, di per sé nemmeno tanto ricche. Ecco, questo sì che potrebbe essere considerato un miracolo: la moltiplicazione del ladrocinio e delle tangenti.

È in “pressing”, come osano dire quelli che hanno imparato il berlusconismo a memoria, conscio del fatto che potrebbe essere alla sua fine – purtroppo solo politica - e soprattutto che nel fondo del barile, ormai, non c’è più nulla da raschiare, se non l’ultima legge pro domo sua che almeno gli tenga salva la fedina penale neppure immacolata.

L’insistenza con la quale si tenta di trasformare ancora il lodo Al Fano, aumentando i benefit di impunibilità per il presidente della Repubblica, dovrebbe dirci quale sarà il prezzo da pagare per vedere finalmente questo governo cadere. Ed è sempre la solita sua ultima mira: trasformare il Quirinale in un lupanare dove lui possa finire i suoi giorni da Re autoproclamato. Potrebbe essere questo il prezzo, purtroppo, e da qui anche l’urgenza di porre un limite agli strumenti di indagine, che potrebbero presto raccontarci di nuove e più fantasmagoriche avventure della mafia di stato, che mai muore e si rigenera, riportando agli onori delle cronache, sempre la stessa merda che credevamo sparita per sempre.

Ogni giorno una novità nella cronaca della politica nera di questo paese, e la novità è vecchia come Flavio Carboni, che va e viene dalle patrie galere fin dai tempi di Calvi e del banco ambrosiano, a dirci che questi, alla fine, non muoiono mai.

Nulla ci fa più specie, nemmeno sapere che ogni volta che col treno passiamo su un ponte non abbiamo certezza che esso non crolli, o che il treno su cui stiamo seduti avrebbe dovuto essere fermato molti anni fa. Non ci impressiona sapere che vivere per come possiamo, e non per come vorremmo, mette ogni giorno a rischio la nostra vita, perché qualcuno si è arricchito ancora di più. Ladri! Gridiamo quando ci vien bene, ma il bottino ormai è andato e sistemato, magari ai Caraibi, dove il padrino ha una delle sue ville.

Tuttavia, c’è da ammettere che qualche volta si viene anche rassicurati, dai telegiornali che non parlano degli aquilani massacrati dalla polizia, dagli aquilani che in fondo erano solo provocatori assoldati dai comunisti, dalla legge sulla censura che è sacrosanta per ogni cittadino che si rispetti, e dalla dichiarazione di chi indaga sull’ennesimo scandalo delle ferrovie, il quale ci dice forte che il Cardinale Sepe non c’entra proprio nulla. E per fortuna, aggiungerei, perché se oltre che di case, si fosse occupato anche di treni non gli sarebbe rimasto tempo per dio, che grazie a lui, ai miracoli ci pensa berlusconi.

Rita Pani (APOLIDE)


7.07.2010

 

Adotta un profugo

David – dice di chiamarsi – è molto bello e molto giovane. Viene dalla Nigeria, mi dice, mentre aspettiamo il treno per Roma. Abbiamo in comune che non boccheggiamo per il caldo, mentre intorno tutti sudano o si sventolano agitando qualcosa con la mano: il biglietto del treno o un foglietto di carta. Sorride e non è timido, inizia a farmi domande: dove vado, se ho un amore, se il viaggio che mi accingo a fare sia una vacanza o un ritorno. Rispondo un po’ a monosillabi, non ho molta voglia di parlare, ma il suo sorriso è contagioso e cancella d’un tratto la rigidità del mio sguardo. Faccio anche io qualche domanda, quelle solite in principio, prive di reale curiosità quando già ti immagini le risposte. Poi il rimbalzo, e di nuovo lui a domandare fino a quando comprendo che la merce che vende è sé stesso. Fatico un po’ a non ridere per la situazione, e soprattutto fatico cercando di non cedere alla tentazione dell’ironia: son là, nella disperazione più nera, guardando i treni che passano pensando che sarebbe un attimo lasciarsi scivolare sul binario per spegnere la luce una volta per tutte, e accanto ho un miracolo della natura che mi chiede se io voglia “giocare” con lui. Quando sollevo lo sguardo sto proprio ridendo, e il suo viso si incupisce.

“Nell’amore non c’entrano i soldi, ma le donne italiane non ci amano. Quando abitavo a Belluno vivevo bene, giocavo con molte signore, ma nessuna mi amava, e nessuna della mia età. Non dico mai quanti anni ho veramente, perché son troppo piccolo per le signore che pagano. Vorrei andare in Sweden da mio fratello, ma ogni volta in Germania, mi ritornano. Le mie impronte sono in Italia e appartengo all’Italia. Sono stato stupido a chiedere l’asilo politico, ma a Lampedusa sarei morto e mi dissero di fare così, che poi ci avrebbe pensato un avvocato. A Lampedusa si moriva. Senti Rita come sono bravo a parlare la tua lingua? E solo in due anni.”

C’è in atto una campagna “Adottiamo un profugo” ; è una bella iniziativa contro la politica barbara dei respingimenti. 300 profughi eritrei sono rinchiusi nei lager libici, quelli fortemente voluti dal governo italiano, pagati soldi veri con un mutuo trentennale acceso dal tizio amico di Gheddafi, che noi fingendo di non sapere dovremo pagare. Con questa campagna, noi chiediamo al governo italiano di interessarsi alla sorte di 300 persone, e il governo nelle persone di frattini – l’inutile ministro degli esteri – e maroni, il ministro per le politiche razziste, dicono di aver intrapreso una mediazione. 300 persone non possono morire essiccate dal sole nel deserto. Io oserei dire che l’Italia non dovrebbe aggiungere altri 300 morti a quelli che ha già provocato, che nemmeno riusciamo a contare, ripescati a pezzi dai pescatori con le loro reti, quelli che abbiamo visto in un filmato, che non si possono scordare, distesi sulla sabbia del deserto.

“Senza permesso di soggiorno non posso lavorare, ma fino a quando non mi daranno asilo non avrò il permesso. Non avrò l’amore perché l’Italia è un brutto posto per essere africano, e senza soldi non posso riprovare a uscire, perché mi torneranno. E a casa non ci posso tornare, perché non rifarei più quel viaggio per scappare, perché ora in Libia si muore, e mia madre non sa più dov’è suo figlio.” David vede il treno arrivare e mi porta la valigia. Si sistema accanto a me, sorride ancora: “Tu mi hai parlato intelligente e hai gli occhi diversi. Sei proprio una bella signora, Rita,sicura che non vuoi giocare un po’ con me? E ce l’hai un’amica che vuole? ” In realtà una persona da presentargli ce l’avrei pure, ma è con un po’ di cattiveria che ci penso, e sorrido ancora, quando mi dice che con me ci giocherebbe anche gratis. Poi arriva il controllore, David si alza e se ne va.

Mi consolo pensando che per qualche ora ogni tanto, ci sarà una signora per bene, che lo adotterà.

Rita Pani (APOLIDE)


7.06.2010

 

La volta in cui insieme a dell'utri ...

Sarò antica e un po’ nostalgica. Deve essere per questo che ora sorrido. Sorridereste anche voi – quelli un po’ più giovani di me – se aveste conosciuto un po’ la politica.

La stampa è in fermento, bisogna scioperare contro la legge bavaglio, dicono quelli che pensano bene.
Non bisogna farlo, ribattono quelli pagati dal tizio editore del consiglio. Perché c’è la libertà, di dire e di pensare.

Mi ricordo quando andavo al Liceo e leggevo il Manifesto seduta sotto un albero, durante la ricreazione. Non lo sapevo allora, ma stavo imparando parole. Me ne accorgo ora, e con una certa nostalgia: se solo avessi saputo quanto era importante quella lettura, e quell’inchiostro che alla fine lasciava la traccia nera sulle mani, avrei prestato ancor più attenzione.

Penso a un ragazzino di oggi che compra Repubblica per connettersi col mondo (sì, ci si connette, oggi, lo dice anche la Nokia) e legge che è iniziata la campagna acquisti del tizio presidente del consiglio. Che sarebbero già 12 quelli contattati per far parte della squadra. Repubblica aderirà allo sciopero della stampa, perché non vuole la legge bavaglio, perché vuole la libertà di stampa.

In fondo che c’è di strano? Il tizio è presidente anche del Milan, ed è abituato a comprare le persone. È abituato a fare squadre, di calcio, di governo o anche semplici bande. Lo fece già, quando tentò di far cadere il governo Prodi acquistando un paio di senatori che poi ripagò a seconda delle attitudini personali con poltrone, puttane o veline. L’inchiesta venne archiviata, le registrazioni telefoniche distrutte in tempo record. Gli italioti, probabilmente, non sarebbero stati pronti a sapere la vera entità della merda in cui sguazzano quei debosciati che governano.

Ora si riscrive una copia identica di quella pagina politica, con i giornali in fibrillazione, spaventati di non aver più libertà, che ormai succubi del berlusconismo più becero utilizzano la metafora calcistica esattamente come gli ha imposto il regime berlusconiano, perdendo l’occasione di spiegare a chi leggerà come stanno in realtà le cose. Ovvero, non esiste un governo – da anni nessuno governa l’Italia – ma tutto scorre a seconda dei voleri di un re, che vivaddio sta per cadere.

Ho letto il sunto della giornata POLITICA vissuta ieri dal tizio, e voglio copiare un passaggio significativo, visto che il momento più difficile è stato assistere alle dimissioni del ministro ladro, che alla fine ha dovuto dimettersi: Il primo appuntamento è stato il più complicato. L'ultimo colloquio con il ministro del "Decentramento amministrativo" è stato uno scossone anche per il premier. Ha ricordato la volta in cui insieme a dell'utri e confalonieri girava intorno al carcere di San Vittore per fargli sentire la sua vicinanza.

Ecco, è un’immagine che tranquillizza (LOL)

… Cari ragazzi, non vi fate fuorviare. Questa non è politica, una volta – nemmeno tanto tempo fa – al massimo era cronaca nera. E pure lo sport, è un’altra cosa diversa dalla Politica.

Rita Pani (APOLIDE)

7.05.2010

 

Fuoridalmondo

Tutto sommato, Fuoridalmondo, è un bel luogo in cui vivere. Non è nemmeno importante sapere dov’è l’importante è starci, e accorgersi che nulla di quel che viene detto intorno è importante.

Confesso che non volevo tornare indietro, ma nemmeno stare dove stavo. Ho anche provato a dirlo alle persone che mi hanno regalato questi giorni di silenzio, ma ho dovuto desistere perché forse non avrebbero capito. Pare che la vita possa ritrovare senso in un battito d’ali di farfalla, o nel tempo di un respiro. Così mi dicono, anche se io non riesco a crederci.

Diligentemente, quindi torno al mondo irreale che mi contiene a fatica, e provo a riordinare le idee, le immagini carpite, i profumi e persino i rumori. Fuoridalmondo non avevo bisogno di sapere che ne fosse dell’Italia, del tizio impomatato, della crisi economica, della carestia. A volte m’informavo solo sulle condizioni di salute di quel tizio, sperando in cuor mio che fosse morto, così tanto per aver qualcosa da festeggiare. E purtroppo è sempre qua..

Anche la crisi, lo so, come so che non mi lascerà tanto presto, e siccome Fuoridalmondo io ci stavo bene, vorrei attendere domani per leggere della farsa di un ministro ladro a cui il gioco delle tre carte è andato male. Della povertà che dilaga e dei ministri che fingono d’essere dispiaciuti non solo di aver messo le mani nelle tasche degli italiani, ma di avergliele rivoltate come un calzino ed aspirate per non scordare nemmeno l’ultimo centesimo. Non ho voglia di teorizzare di un governo che trascineranno fino a quando non saranno certi di poterlo rifare uguale, dopo un’energica lavata con la candeggina, che renderà un po’ meno nero il fascismo, e un po’ più onesti i ladri e i malavitosi che ritorneranno.

Vorrei poter fingere, visto che non sono ancora tornata a casa mia (mia?) di essere rimasta a sentir passare i treni che in breve tempo ero riuscita a imparare, col loro suono ritmico che mi faceva compagnia, là, Fuoridalmondo. E allora apro timidamente un giornale, per cercare qualcosa che mi faccia sentire ancora distante …

Milano si mobilita in modo bipartisan, perché è impensabile che la nuova edizione del Monopoli, non abbia una via col suo nome. Persino Chieti o Reggio Calabria ci avevano pensato in tempo. "La mancanza della presenza di Milano in un gioco così importante e storico - affermano i firmatari - rappresenterebbe una mancanza di riconoscibilità e quasi una beffa per una città che anche in vista dell'Expo 2015 vuole assumere un carattere internazionale e dove le trasformazioni edilizie di molti quartieri stanno trasformando la città in un grande Monopoli".

Come non sentirsi fuori dal mondo, leggendo una notizia così?

Sì, sempre più difficile tornare, sempre più facile pensare di andare.

Rita Pani (APOLIDE)


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