12.28.2009

 

Solidarietà alle “compagne” top model

Solidarietà alle “compagne” top model impegnate nello sciopero del tacco alto. Oddio, a vedere le scarpe imputate, che da due giorni campeggiano sulla pagina del Corriere della sera, ad esser sincera, avevo pensato che le top model fossero in sciopero perché rifiutavano di indossare quelle porcherie. Ma il problema è assai più serio: si tratta di una ribellione contro un lavoro che si fa sempre più pericoloso, e che ogni anno provoca un considerevole numero di incidenti. No, non sto scherzando [copio] «Finora avevo solo sentito di qualche caso isolato – ha scritto la Huntington – ma è la prima volta che tre top model si mettono d’accordo per protestare contro una cosa del genere. Direi che è molto interessante, perché ci sono già stati tentativi di creare dei sindacati di modelle e questo è il segnale che queste ragazze stanno finalmente prendendo coscienza dei rischi legati alla loro salute e alla loro sicurezza». Inutile dire che l’articolo prosegue, citando anche gli svariati tentativi delle modelle di creare “un sindacato”.

Pensavo all’uomo morto di freddo trovato a Trento dentro una casetta di legno, di quelle esposte nei grandi magazzini di bricolage. È stato identificato grazie alla tessera della CISL che conservava in tasca, benché da due anni avesse perso il lavoro. Mi chiedevo se domani la notizia sarà ancora visibile, come le orripilanti scarpe armadillo, o se sarà sparita come sempre accade quando qualcuno muore dentro un paio di scarponi da lavoro.

Succede sempre così, pressappoco da dopo i morti della Thyssen. In effetti anche il morto più recente Thyssen a Terni è sparito il giorno dopo. E così il morto della vigilia, il morto natalizio. Morti dei quali nemmeno ricordiamo il nome, anche perché nemmeno quelli ci vengono più detti: bastano le iniziali. E se chiedete vi diranno che è per una questione di privacy. La nostra.

La nostra privacy non va intaccata. Nessuno deve essere autorizzato a insinuarsi subdolamente nella nostra tranquillità. Per esempio io non ho avuto beneficio dall’apprendere che un uomo di 54 anni, da due anni disoccupato, questa notte è morto di freddo. Ho provato a guardare alle mia vita, e mi sono resa conto che questo potrebbe capitare anche a me. Non è un bel vivere non potendo costruire il futuro, e per futuro intendo i prossimi due mesi. Se solo dovessi proiettarmi alla vecchiaia, potrei optare per l’eutanasia.

Per fortuna però non sono più catastrofista, e riesco trovare il lato buono delle cose: è assolutamente impossibile – e potrei metterci la mano sul fuoco – che io domani possa cadere e fratturarmi il ginocchio, solo perché ho indossato un paio di scarpe armadillo.

Rita Pani (APOLIDE)



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