1.04.2009

 

500 morti, migliaia feriti, 2 bandiere bruciate

Tutto il mondo grida – a ragione – fermate il massacro. Quasi tutto il mondo, è vero. Il governo Italiano no, perché nel governo italiano c’è anche capezzone, che si dichiara sgomento per la barbarie di noi comunisti che incendiamo in piazza le bandiere di Israele. Se la guerra fosse un grande falò di drappi, ci metterei la firma, e se incendiare le bandiere è una barbarie terroristica, allora capezzone dovrebbe avere il senso civico di spiegarci cos’è l’inutile e ennesimo massacro. Dicono che bruciare la bandiera è come bruciare una nazione, perché è un simbolo. Bruciare una nazione evidentemente è meno ripugnante.

Ieri un telegiornale raccontava la guerra di Gaza – la difensiva guerra – spiegando e ribadendo che non vi era alcun intento offensivo, perché l’esercito israeliano, attento e scrupoloso come un buon padre di famiglia, avvisava preventivamente i palestinesi telefonicamente, dell’immediato attacco. Come a raccontarci che se dopo muoiono è colpa loro. Perché la prima immagine che colpisce le coscienze di chi la guerra la vive da lontano, è il sangue, la morte, la mutilazione.

Ho provato spesso a cercare di comprendere come può sentirsi un uomo che vede arrivare i bulldozer davanti a casa sua, che prima sradicano gli alberi e poi abbattono le case. Ho provato a immaginare la sua famiglia che va verso uno di quei campi di raccolta, così simili nella loro logica ai campi di concentramento nei quali molti israeliani furono rinchiusi. Non c’è logica. Non c’è mai logica alla guerra, e meno che mai la trovo nello schierarsi a favore di un massacro.

Possiamo andare in piazza a far sentire la nostra voce, spinti dall’urgenza del raccapriccio, ma anche qua mi sento a disagio, perché troppo spesso e troppo in fretta abbiamo smesso di urlare contro le altre guerre che ancora mietono migliaia di vittime innocenti. Noi che gridiamo basta l’abbiamo gridato anche per l’Iraq, eppure tanto presto ci siamo abituati fino a non pretendere nemmeno più di sapere che ne fosse del quotidiano stillicidio di vite umane. Il governo americano, ad oggi, evita persino di dire quante giovani vite (delle sue) abbia sacrificato per il petrolio.

Il fatto che ci sia in corso una tragedia umanitaria in Congo, è decisamente secondario, in Tv non lo fanno vedere, perché magari potremmo sviluppare l’anticorpo dell’accoglienza, e smettere di pensare alla disperazione che arriva dal mare, come una piaga da affondare o rinchiudere nei lager. Il Darfur poi è un caso a parte, ci ricordiamo noi ogni tanto, ma non abbiamo nemmeno una bandiera da incendiare.

Noi non bastiamo a noi stessi, non possiamo avere quindi la pretesa di essere così decisivi da poter fermare una guerra. Possiamo continuare a fare quello che facciamo, magari sopperire all’abbondanza di ignoranza, perché no, anche bruciando le bandiere. Una bandiera per ogni vita umana? No sarebbe troppo l’inquinamento da diossina.

E a proposito di atti o dichiarazioni ripugnanti, vi lascio con quelle illuminanti del vice sindaco di Milano:

"Per ore il centro di Milano - ha spiegato il vicesindaco di Milano de corato - particolarmente affollato per l'avvio dei saldi invernali, questo pomeriggio è stato sequestrato da un migliaio di manifestanti pro Palestina, circa 200 arabi e il restante i soliti aderenti dei centri sociali. Gravi atti sono stati compiuti contro lo Stato di Israele. Piazza Duomo è stata trasformata in una moschea e la prima giornata degli attesi sconti da parte dei milanesi è stata compromessa nel centro storico".

Rita Pani (APOLIDE)


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