4.24.2007

 

Che sete!


È emergenza siccità, finalmente. No, non che io sia contenta, semplicemente mi chiedevo quando se ne sarebbero accorti.

Sarà che vengo dal deserto della Sardegna del sud, e conosco fin troppo bene il deserto dei campi o la sensazione di tristezza che si prova davanti ad un rubinetto dal quale non esce l’acqua ma solo borbottii di aria.

Sarà che spesso i preti delle nostre parrocchie portavano in processione le Sante, per invocare la pioggia (poi dicono male dei nativi americani).

Sarà che noi si era in Sardegna ed in Italia non ci siamo stati mai, ma se si abbassa il Po, allora sì che è un problema.

Quindi, finalmente è emergenza. Perché il bisogno aguzza l’ingegno. Ma fino a quando non si vorrà davvero affrontare l’emergenza ambientale – e questa volta sì – in modo globale, non faremo altro che mettere pezze su pezze.

Lo scempio fatto fino ad ora andrebbe corretto, ma non esiste volontà perché i poteri forti non si chiamano così, a caso. Come sempre l’unica medicina possibile, sembra quella di fare ricorso alla singola volontà della singola coscienza civile, fingendo di scordare che la coscienza non è patrimonio di tutti, ma ancora e solo di alcuni.

Un esempio banale, potrebbe essere il mio sentirmi in colpa quando indugio sotto la doccia (che è un piacere) pur sapendo che da qualche altra parte c’è una tizia sdraiata in cinquecento litri d’acqua e bollicine dentro una Jacuzzi.

Un altro esempio potrebbe essere una pubblicità che da qualche giorno vedo in Tv, che invita a comprare ed usare le lavastoviglie per risparmiare l’acqua. Considerato che difficilmente le lavastoviglie vanno a pedali e che quindi consumano energia, e che quindi inquinano, e che di conseguenza contribuiscono alle variazioni climatiche che originano la siccità, mi chiedo perché mai la ditta che invita all’inquinamento non venga sanzionata. Perché non insegnare a sprecare meno acqua mentre si lavano i piatti a mano? Perché ci va via lo smalto dalle unghie?

Rita Pani (APOLIDE)

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