9.14.2006

 

Il Sisde scopre la lotta dal basso

‘Alla scoperta della lotta dal basso’ è il titolo di un’analisi pubblicata dal Sisde su ‘Gnosis-Rivista Italiana di Intelligence’. L’articolo analizza i ‘rischi delle rivoluzioni dal basso’ partendo dalle battaglie No Tav in Val di Susa. Il testo integrale del lancio d’agenzia che ne ha dato notizia oggi: Forme di protesta come la battaglia ‘No Tav’ appaiono ‘’difficilmente esportabili'’ ma ‘’non e’ trascurabile'’ il rischio che si possa registrare, ‘’nell’ambito di mobilitazioni fortemente sentite dalla popolazione, una progressiva legittimazione di modalita’ di lotta radicali'’.
E’ il Sisde a sottolinearlo in un’analisi pubblicata su ‘Gnosis-Rivista Italiana di Intelligence’. La lotta contro i cantieri dell’alta velocita’ in Val di Susa e’ un esempio di iniziativa ‘’non connotata ideologicamente, non istruita politicamente, non programmata, che si e’ definita nel suo stesso procedere, autoalimentata dalla convinzione ‘fermarlo e’ possibile. Fermarlo tocca a noi”’ e che finisce per nutrire ‘’aspettative di nuovi percorsi rivoluzionari, di insurrezioni di massa'’.
A giudizio degli analisti di intelligence, ‘’sebbene la tendenza attuale, sul fronte dell’antagonismo radicale, sia quella, a fronte dell’assenza di organizzazioni fortemente strutturate, di superare gli ’steccati ideologici’ e portare avanti la lotta contro il ’sistema’ sulla base di ‘campagne’ e ‘parole d’ordine’ specifiche, non sembra comunque che percorsi di ‘appropriazione’ di una contestazione come quella del no Tav possano superare la finalita’ strumentale. Le prerogative del movimento No Tav (larga adesione popolare che ha coinvolto anche rappresentanti delle istituzioni locali) appaiono peraltro difficilmente esportabili in altri ambiti territoriali, perche’ connaturate allo specifico contesto valsusino, una realta’ montana fortemente compatta che storicamente ha espresso una notevole capacita’ di resistenza, dai connotati ‘eroici”’.
Emerge di conseguenza anche ‘’la dimensione velleitaria di tentativi di attribuire contenuti generali e, soprattutto, ‘rivoluzionari’ a questa lotta che viene ‘dal basso’. Non e’ trascurabile, invece, il rischio che, proprio per influenza di tali settori, si possa registrare, nell’ambito di mobilitazioni fortemente sentite dalla popolazione, una progressiva legittimazione di modalita’ di lotta radicali'’. Nella protesta in Val di Susa, sfociata nei mesi scorsi in cortei, barricate, blocchi stradali e ferroviari, scioperi e scontri con le forze dell’ordine, ‘’un ruolo non indifferente e’ stato svolto da settori dell’oltranzismo antagonista, come dimostrano -ricorda il Sisde- i dati relativi alle denunce per i disordini, riguardanti, in una consistente percentuale, appartenenti all’Autonomia e all’anarco-insurrezionalismo'’.
Sono tre, per gli 007 italiani, le caratteristiche della lotta No Tav che hanno attirato l’attenzione dei gruppi dell’antagonismo radicale: ‘’prima di tutto, il ’soggetto’ della ‘rivolta’, vale a dire il ‘popolo’. Non, cioe’, l’espressione di una categoria specifica (i lavoratori di un comparto industriale, oppure i precari dell’Universita’, i pensionati), ma un fronte ‘trasversale’ (per eta’, fascia sociale, occupazione), ‘di massa’.
Questo ‘popolo’, eterogeneo nella composizione, e’ unito e determinato nel perseguimento dell’obiettivo che, e siamo al secondo punto, e’ un obiettivo limitato e ben definito, vale a dire impedire l’avvio dei lavori della Tav e non una generica lotta contro il capitale, le nuove tecnologie, il modello di sviluppo globale, ecc'’. ‘’Il ‘popolo’ come si muove per raggiungere il proprio obiettivo? Con modalita’ ’spontanee’ ed ‘autorganizzate’, che includono anche azioni illegali: la terza caratteristica della mobilitazione No Tav. La gente, cioe’ -viene rilevato- ha agito raccogliendosi spontaneamente nei luoghi dove dovevano essere allestiti i primi cantieri, si e’ riunita in assemblee ed ha preso decisioni, ‘autorganizzandosi’, senza servirsi di mediazioni, istituzionali o meno, e non si e’ fermata davanti alla possibilita’ di compiere il reato (il blocco stradale, il danneggiamento, la resistenza al pubblico ufficiale)'’.

‘’Esponenti e gruppi antagonisti, specie quelli presenti nell’area, gia’ attivi da tempo nell’ambito della medesima mobilitazione e che si ispirano ai principi e alla prassi dell’Autonomia, ostile alla strutturazione gerarchica e centralizzata del marxismo-leninismo ortodosso, hanno subito registrato come significativa -si legge su ‘Gnosis’- la connotazione popolare e diversificata della protesta'’.
‘’Delusi dall’evoluzione negativa, sotto il profilo della ‘rottura rivoluzionaria’, dei piu’ recenti movimenti contestativi ‘di massa’, quello ‘no global’ che, dopo l’esplosione iniziale, e’ stato progressivamente assorbito nell’ambito dei Social Forum, e il ‘no war’, dimostratosi incapace di ‘radicalizzare’ la campagna ‘antimilitarista’ e ‘antimperialista’, tali settori hanno visto nella mobilitazione compatta di una popolazione determinata a ‘difendere il proprio territorio’ dal ‘nemico’, un terreno favorevole -prosegue l’analisi pubblicata sul periodico del Sisde- allo sviluppo di una conflittualita’ che dalla dimensione locale passasse a quella generale e che da ‘resistenziale’ si tramutasse in ‘offensiva”’.
‘’L'elemento considerato vincente, nella protesta No Tav, e’ il rifiuto della mediazione e della delega, il rimanere contrapposti alle Autorita’, una pratica che di per se’ e’ antagonista e che conferisce, a quella mobilitazione ‘apolitica’, una politicita’ intrinseca, in quanto portatrice di un messaggio di non riconoscimento di ‘questo’ sistema. Il fatto, cioe’, che il No Tav abbia messo in crisi, ad un certo punto, proprio con il proseguire della ‘resistenza’, il programma di avvio del progetto ferroviario, dimostrerebbe, nell’ottica dei gruppi antagonisti, la possibilita’ reale di ostacolare il processo decisionale istituzionale'’.
Il ‘No Tav’ diventa cosi’ ‘’il simbolo di una lotta che ‘paga’, in quanto produce effetti concreti, e che esprime un significato politico di opposizione. E’ qui che si innesta la funzione asseritamente propulsiva e per certi versi ‘canalizzatrice’ della protesta svolta da Centri Sociali e collettivi antagonisti che si sono identificati con la mobilitazione No Tav, l’hanno resa propria e propagandata come attivita’ di ‘resistenza’, assimilandola nostalgicamente a quella antifascista della II Guerra Mondiale e giudicandola un evento ’storico’, al fine di attribuirle connotati di lotta di classe'’.
Di qui l’importanza attribuita alla ‘’presenza tra la gente, non volta necessariamente a ‘premere sull’acceleratore’ della protesta od a favorire l’adozione di modalita’ violente, quanto a svolgere un lavoro ‘politico’ diretto a cogliere gli stimoli ‘dal basso’ per portarli avanti e favorire, in prospettiva, l’insorgere di un clima ‘insurrezionale”’.


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