8.21.2006

 

Difficile

Organizzazzione! Così stava scritto a grandi caratteri sul muro. E io sono d’accordo: ragazzi, per prima cosa, organizzatevi un bel corso di lingua italiana perché, laddove uno voglia comunicare, farsi capire è importante. D’altra parte è anche vero che, a forza di scrivere sms con termini sempre più contratti, non appena si ha a disposizione qualche centimetro in più, non ci si ricorda più come si fa. Sta accadendo l’esatto contrario di quanto era accaduto all’inizio dell’informatizzazione: qualche anno fa c’era chi alzava il mouse per spostare il cursore in alto sul monitor e ora c’è chi cerca il tasto per aprire un libro.
Il sempre più celere sviluppo della tecnologia ha ingenerato un violento meccanismo di eliminazione delle persone con maggiore difficoltà ad aggiornarsi. C’è chi ci mette la buona volontà, ma poi si lascia sopraffare da banalità come la terminologia: dopo esser stato bombardato da ogni possibile organo di rimbambimento di massa, alla milionesima e-mail di pubblicità di un i-pod, si confonde e crede che le lettere papali, una volta pubblicate sul web, si chiamano per quello e-ncicliche o cerca di ordinare in un internet cafè un e-spresso.
L’arte, in tutte le sue forme, è la prima a farne le spese. Proprio l’altro giorno mi sono reso conto di quanto i movimenti artistici contemporanei siano sconosciuti alla quasi totalità della gente. E non mi riferisco solo ai profani, ma anche a persone dotate di una certa raffinatezza nonché di notevole spessore culturale quali i miei abituali compagni di gite; siamo infatti capitati a una mostra di opere allestita all’interno di una chiesa in stile romanico e all’uscita, allorquando l’autrice ci ha ringraziato, con l’eleganza che abitualmente lo contraddistingue, uno di noi le ha replicato di non essere in grado di apprezzare il suo stile ma di stimare tuttavia il contesto architettonico: “Guarda che nun devi da ringrazzià a mme, ma de sta’ drento a ‘na chiesa che sinnò t’avevo già gonfiata da ‘n pezzo!”
Mi sono detto che tale critica, per quanto misurata ed espressa in toni tanto civili, forse non rendeva completamente giustizia all’impegno profuso dall’autrice, poiché era evidente che le sue composizioni pittoriche rientrano nel novero del fondamentale movimento del “difficile da spiegare”.
Credo che questo movimento sia alquanto recente; io almeno ne ho sentito parlare da solo poco più di un anno e me lo ha fatto conoscere un ominide, gestore di una galleria d’arte e lui stesso illustre esponente della corrente dei futuristi remoti. O almeno credo: se è difficile da spiegare, figuratevi da capire...
Tuttavia, grazie alla sua illuminata frequentazione mi è parso di aver compreso che i futuristi remoti espongono le tele prima di averle dipinte e senza ovviamente incorniciarle: possono passare mesi, o addirittura anni prima che venga l’ispirazione per dare anche una sola pennellata; perché dunque, si sono chiesti gli artisti, privare gli estimatori della vista delle opere per tutto quel tempo? La principale corrente che si contrappone al futurismo remoto è quella non meno importante dei congiuntivisti gerundivi, che pitturano mentre è in corso l’esposizione e anzi preferiscono che il colore fresco coli anche sul muro che così diventa parte dell’opera: il problema è che quando uno desidera comprare uno di questi quadri, è bene che si porti appresso anche un esperto muratore. Oltre a queste due correnti principali, ce ne sono anche di minori ma comunque di notevole pregio e sempre di altissimo livello espressivo, come quella dei timidi intimisti introversi: nell’ultima mostra cui ho assistito, le tele esposte erano rivolte verso il muro e gli stessi autori stringevano le mani dei visitatori attraverso un paravento plumbeo e innalzando cartelli invece di parlare.
Da cosa nasce cosa, così gli studi intrapresi e l’applicazione costante mi hanno portato ben presto a concepire un’innovativa via artistica da perseguire, decisamente oltre il difficile da spiegare; voglio dar vita e sperimentare un nuovo movimento: l’impossibile da spiegare. Ma, per dirla tutta, a me, la cosiddetta “arte moderna”, non piace; anzi, mi provoca gli stessi sintomi di quando uno è bloccato in metropolitana e si è appena reso conto di aver ingerito per sbaglio un’intera confezione di lassativo. Lo so, è un mio limite, ma io sono stato educato alle forme classiche e se un quadro, per una sua comprensione, necessita di una spiegazione, per me vuol dire che tanto bene poi non é riuscito. Ecco perché, anche se penso abbia un fondamento il detto “Impara l’arte e mettila da parte”, ritengo altrettanto importante ricordare dove la si è messa!
dirtyboots

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