8.31.2006

 

Caro Romano

Caro Romano,
è la sesta o la settima volta che ti scrivo? Non mi ricordo più, però so che ogni volta mi ripeto sempre che sarà l’ultima, forse sperando di non trovare più lo spunto per sentire di doverlo fare ancora. Le dita hanno iniziato a prudermi il giorno che ho visto sui giornali la foto della magnifica torta celebrativa, tu intento a soffiare sulla candelina del “cento”, proprio come una bonaria e sdentata nonnina di un paesino della Barbagia, attorniata dai nipoti di terza e quarta generazione. Mi prudevano le dita, mentre mi chiedevo: “Che avranno mai da festeggiare?”
Un po’ di sollievo l’ho provato quando ho appreso dell’iniziativa di Repubblica, con la quale si invitavano i lettori ad intervistarti inviandoti una e-mail; diligentemente mi sono attenuta alle regole dettate dalla redazione e così, in modo assai breve ti ho chiesto: “Perché ci hai tradito?”. Tranquillo Romano, non me la sono presa per il fatto che tu non mi abbia risposto, non ci sono mai rimasta male, nemmeno quando dal tuo sito ci spronavi a partecipare con le nostre idee e pure le mie, obbiettivamente per nulla peregrine, cadevano nel vuoto senza neppure il tonfo dello schianto. Poi ho letto le risposte e mentalmente mi sono congratulata con te, per la tua abilità nel compiere salti mortali e cadere sempre a piedi giunti.
E’ quella torta Romano. Io non l’ho proprio digerita!
Caro Romano, ho sentito l’esigenza di scriverti dopo aver letto delle polemiche sulla prossima legge sul conflitto di interessi; la destra insorge pur non conoscendone i contenuti, il governo (vedi che miglioro? Non ho scritto, la sinistra) si affanna per sottolineare che non sarà una legge “contro silvio”.
Ah! No?
E dimmi Romano, contro chi dovrebbe essere, allora, questa legge?
Continuate a ritenerci spettatori passivi della nostra stessa vita, e deve essere per questo che Fassino spiega che “è opportuno avere una legge che regoli il conflitto di interesse, non una legge punitiva, ma responsabile per regolare in modo sereno questa materia ”.
Oppure le dichiarazioni del Presidente del Senato Franco (Franceso?) Marini che avverte di accantonare ogni volontà punitiva, perché le leggi dello Stato si fanno per risolvere i problemi, non per punire.
Dicevo, voi continuate a sottovalutarci, a non tenerci nella dovuta considerazione. Ammetto che da semplice cittadina, non condizionata dalla responsabilità di governo a volte tendo a rivalutare persino le purghe di Stalin, ma è solo l’attimo della rabbia e della delusione, magari per la legge sull’indulto, o sull’ennesima guerra alla quale partecipiamo, o alla finanziaria che non riesce mai a mettere le mani nelle tasche di chi ce le ha assai piene, nemmeno nelle vostre, ma poi passa, e torno ad essere moderatamente e coscienziosamente arrabbiata. Ed è allora che ti scrivo, quando sento l’offesa del vostro inesistente coraggio. Caro Romano, se non siete i primi voi ad essere temerari, non potete chiedere a noi di essere votati al sacrificio.
Il coraggio che vi è mancato e che vi manca è quello della rivalsa che potrebbe ridarci l’orgoglio dell’essere italiani. Il messaggio che avreste dovuto dare è che mai nella vita, avreste fatto sì, che mai più si potessero vivere in Italia altri cinque anni di berlusconismo. So bene che il vostro governo nasce proprio dalle macerie dei disastri di quello precedente, ma quello che vi sfugge è che Noi, vi abbiamo dato il mandato di aggiustare le cose, la nostra rabbia, la nostra difficoltà di vivere, la nostra stanchezza per una sopravvivenza che purtroppo e destinata a continuare.
Attendo con ansia il 16 settembre, per sapere quanto vi siete americanizzati, per conoscere meglio il progetto del “blind trust” e che possiate spiegarne il funzionamento a Peppuccio Urru, agricoltore del basso Campidano, o ad Annixedda Murru, casalinga di Fonni.
Magari poi ti scrivo ancora.
Saluti

Rita Pani (APOLIDE)


Comments:
"Perchè ci hai tradito?"

Come una volta disse "papale papale" il buon Menem (ex capo populista argentino): "Se avessi detto cosa mi prefiggevo di fare 'veramente', chi mi votava?".

Un "politico" è colui che mente ai suoi elettori perchè il "popolo", in quanto tale, non è un soggetto idoneo a governare sè stesso, quindi va in qualche modo "indirizzato"... da chi? dal suo "governo", che è a sua volta espressione della sua "classe politica".

Mente berlusca (chi lo votava, se diceva che era esclusivamente interessato a salvarsi le chiappe?), mente Prodi, mente baffetto, mente Bertinotti... mentono tutti tranne Fassino: non sa neppure lui cosa ci stà a fare al mondo!

Potrà mai cambiare la "politica"?

Non credo, anche perchè non basterebbe neppure una eventuale "rivoluzione", in quanto pure i "rivoluzionari", di solito, mentono; e se non mentono loro, mentono gli "apparatniki" che vengono dopo i rivoluzionari...
 
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