3.28.2006

 

Caro Romano virgola è la quinta

Caro Romano,
eccomi di nuovo a scriverti, come ho fatto ogni qualvolta ho ritenuto opportuno darti il mio modestissimo contributo. Non resto certamente in “speranzosa attesa” come si faceva quando ancora si incollavano i francobolli sulle buste, ma non nego che avere un segno che la mia voce è stata recepita allevierebbe, non poco, la fatica che farò nel tracciare quella “ics”.
Pur con troppe difficoltà mi sforzo di seguire questa baraonda pre-elettorale (ricordi, io sono quella che rimpiange i comizi di Berlinguer, i suoi cappelli e le sue vistose rughe, la sua voce piena di contenuto, le bandiere rosse) eppure fatico a comprendere.
Seguo te, “i nostri”, e leggo gli altri, poi di nuovo te, che devi rispondere sulle tasse che si alzeranno, che per fortuna non rispondi se ti danno del poveraccio, del bulldog, e che nemmeno sorridi dinnanzi al pericolo incombente dell’invasione degli agricoltori cinesi usi a concimare i campi con bambini bolliti al posto di un più normale ormone anticrittogrammico.
Seguo te e ancora mi chiedo: che fine faremo?
Mi sono riposta questa domanda proprio stasera, apprendendo dalla stampa della tua ultima “buonissima” affermazione, civile, troppo civile. “Le riforme non a colpi di maggioranza.”
Come no?
Ma allora, a noi chi ci darà il maltolto?
Caro Romano, capisco quanto deve essere difficile essere un uomo per tutti, ma a volte sembra che scordi che tra i “tutti” ci siamo anche noi. Non siamo i no-global (che comunque sono sempre meglio dei neonazisti) non siamo nemmeno quelli che hanno bollito i bambini; noi siamo quelli che hanno preso i calci sui denti davvero.
Personalmente, per esempio, non lavoro da 18 mesi, saranno 19 proprio il giorno delle elezioni, grazie alla riforma del lavoro attuata, a colpi di maggioranza, dall’attuale governo di destra ed è quindi moralmente lecito che io ti chieda conto.
Mi piacerebbe leggere del tuo coraggio, perché, caro Romano, dovrai averne davvero tanto
Per esempio che ne sarà delle leggi ad personam che l’attuale presidente del consiglio ha fatto scrivere dal suo collegio difensivo, transformer, vestito all’uopo da deputato?
Il tuo coraggio, sarebbe quello di farci leggere sui giornali, prese di posizione rigide e ferree per tutto ciò che concerne il ripristino delle basi fondamentali di una “società civile” che desidera ottenere solo e soltanto la dignità della vita.
Ho bisogno di sapere, dal momento che ho compiuto 41 anni, se anche io faccio parte delle priorità del paese, perché a furia di sentire parlare di “giovani” tutti quelli come me, nati nel decennio 60/70, iniziano a domandarsi: “Che fine faremo?”
Caro Romano, io alle promesse non ci ho mai creduto, nemmeno a quelle che ho fatto con parvenza di convinzione davanti ad un prete e poi ho dovuto tradire, figurati se posso credere a quelle fatte a me da altri. Non abbiamo bisogno di promesse, abbiamo solamente bisogno di noi stessi, ma capisci bene che, se ci perdiamo, non potremo mai contare nemmeno su quello.
L’italiano non è più solo triste, l’italiano è disperato. La dignità dell’essere umano viene calpestata giorno dopo giorno, da leggi fasulle, da leggi classiste che dopo aver sepolto il proletariato hanno ucciso il ceto medio, che negano i diritti basilari, da riforme definite “porcate” da discutibili ministri che le hanno scritte; non puoi assolutamente dirci che “non agirai a colpi di maggioranza”.
Caro Romano, se mai riuscirai ad averla una maggioranza, tienila stretta e ricorda che ci siamo anche noi, quelli che vorrebbero davvero tanto poco, ossia il privilegio di svegliarsi al mattino e sentirsi degni d’esser semplicemente vivi.
Devi avere il coraggio di provare a vivere d’affamato per comprendere chi la fame la patisce.

Rita Pani (APOLIDE)


Comments:
oltre ad ascoltare, romano: guarda, osserva, e soprattutto odora, perché tra pericoli di attentati e sistemi di votazione elettronici il puzzo di letame aumenta sempre di più...
 
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