2.09.2006

 

J’ACCUSE!


Il “grande manager” della mia scuola mi ha convocato nel suo ufficio e mi ha invitato a “difendermi”… Ma rispetto a quale capo di imputazione? Forse dall’accusa di “non aver ottemperato ad un ordine di servizio” che io ritengo un atto verticistico ed illegittimo in quanto è il risultato finale di un percorso burocratico che ha decretato l’introduzione di un orologio marcatempo come strumento elettronico di rilevazione delle presenze nell’Istituto.

Voglio far presente che, se anche solo per assurdo (ripeto: per assurdo!) il dirigente avesse seguito alla lettera e in maniera corretta le procedure necessarie dal punto di vista normativo, tale precisione formale sarebbe annichilita ed offuscata dai risultati concreti che sono disastrosi, viste le reazioni negative suscitate tra i docenti.

Insomma, io avrei “disobbedito” all’imposizione di un rito che è totalmente inutile dato che, in base a norme già esistenti, per la rilevazione delle presenze dei docenti “fa fede la firma sul registro delle presenze”, ma soprattutto è un sistema ipocrita in quanto l’insegnante deve certificare la sua presenza esclusivamente in classe, non nell’istituto.

E’ dunque questo il capo d’accusa rispetto al quale io sarei chiamato a “discolparmi”?

Ebbene, io mi discolpo rovesciando mille accuse su chi mi invita a difendermi.

J’ACCUSE! Io accuso! Ecco la mia replica più immediata e sentita, un grido d’accusa che rievoca il celebre titolo di un articolo di Emile Zola sullo storico “affare Dreyfus”, articolo pubblicato dal quotidiano francese “L’Aurora” in data 13 Gennaio 1898.

Naturalmente occorre riconoscere la notevole distanza (non solo temporale) tra le due vicende, oltre che tra il sottoscritto e l’impareggiabile talento dello scrittore francese.

Tuttavia, vista l’ubriacatura di potere dimostrata dall’altra parte, io mi diverto a millantare, da megalomane burlone quale sono, una certa qualità letteraria. Inoltre penso che l’arma più efficace da usare contro le angherie del potere, qualunque esso sia, è proprio l’ironia.

Pertanto, io accuso il dirigente dell’Istituto Comprensivo di Sant’Angelo dei Lombardi:

1) di aver diffuso discordie tra i lavoratori della scuola, alimentando un clima di sospetto e diffidenza e avvelenando l’ambiente lavorativo. Ciò inficia il normale svolgimento delle attività didattico-educative;

2) di aver abusato della sua autorità (che non è di origine divina, né è illimitata o assoluta) per imporre un “arredo” inutile e costoso, sperperando quindi denaro pubblico che poteva essere impiegato in modo più proficuo per migliorare l’offerta culturale e formativa della scuola;

3) di aver viziato anche dal punto di vista formale l’iter normativo e procedurale condotto attraverso due passaggi, l’uno concernente la delibera del Consiglio di Istituto, l’altro in sede di concertazione con le RSU, laddove si evince un semplice atto di informazione unilaterale, priva di qualsiasi momento di scambio dialettico e di trattativa che avrebbe dovuto comportare la definizione di un regolamento applicativo circa l’uso dell’orologio;

4) di aver mortificato i diritti e le istanze di confronto democratico provenienti dalla base dei lavoratori, a cominciare dall’organo collegiale per antonomasia, il Collegio dei docenti, la cui sovranità è riconosciuta dallo spirito più autentico della legge sull’autonomia scolastica, che invece è concepita e praticata secondo una logica dirigista e pseudo-efficientistica. Affermo ciò considerando che un passaggio di consultazione ufficiale all’interno del Collegio dei docenti su una materia che pure attiene all’organizzazione dell’orario di lavoro, pur non essendo obbligatorio sotto il profilo normativo (cosa che è pure discutibile), era ed è moralmente corretto in quanto avrebbe probabilmente consentito di metabolizzare la novità, evitando equivoci e polemiche astiose, ma soprattutto rimuovendo quella parvenza di unilateralità e di illegittimità che ha indotto non pochi docenti a “disobbedire”;

5) di aver respinto ogni iniziativa di dialogo e di mediazione riconciliatrice, persino con i rappresentanti provinciali delle maggiori organizzazioni sindacali della scuola, ostacolando in tal modo la ricerca di una soluzione utile e dignitosa per tutti;

6) di essere venuto meno ad uno dei compiti più delicati che sono una prerogativa primaria di un capo d’istituto, ossia il dovere di gestire le controversie con intelligenza e buon senso, e non mi riferisco solamente alla questione dell’orologio marcatempo.

Lucio Garofalo


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