1.14.2006

 

Me l'ha detto Tarek

Non so bene come si sia evoluto il codice penale, quindi non so se oggi, il procurato allarme e l’intralcio alla giustizia siano ancora reati. Non so nemmeno se le regole per i collaboratori di giustizia siano le stesse di qualche anno fa; ricordo che era fatto divieto di rendere dichiarazioni mendaci, pena la carcerazione. Probabilmente anche queste regole sono state cambiate dalle miracolistiche riforme del governo, perché diversamente l’informatore di Arcore, l’altra sera, non avrebbe dovuto lasciare il palazzo di giustizia se non in manette, circondato da due carabinieri, magari gli stessi protagonisti dell’ultima barzelletta.
Il nostro errore (anche il mio) è quello di essere troppo inclini al sorriso, pronti a ridere per ogni atto sconsiderato di un discutibile uomo che non teme di usare il proprio potere a nostro discapito.
Una delle riforme meglio riuscite a questo governo è stata la demolizione dei punti fermi dello stato, e la giustizia dovrebbe essere uno di quelli. Non è tanto grave che il presidente del consiglio uscente, decida di usare la delazione come arma per la campagna elettorale, ma è gravissimo che utilizzi la magistratura per farlo.
Ho riferito cose di valenza politica che mi sono state riferite da altri.” Già di per sé questa affermazione dovrebbe essere grave, ma ancor più lo diventa quando gli “altri” sono rappresentati dalla persona di Tarak Ben Ammar, al quale i giudici, secondo il calunniatore di Arcore, potranno rivolgersi per avere più dettagliati particolari. Peccato che Tarak Ben Ammar sia la stessa persona che, non presentandosi per due volte consecutive al processo All Iberian, benché citato come testimone, fece sì che il malavitoso potesse cavarsela con la prescrizione per le tangenti a Craxi. Ma siamo in Italia e io non ho sentito nessun politico dei DS accusato in questo modo insulso ed oltraggioso per la nostra intelligenza, ribellarsi dicendo semplicemente quello che è chiaro a me e alla mia memoria, ma temo sia sfuggito dalla maggioranza della memoria collettiva.
Non riesco a comprendere quindi, perché Fassino voglia astenersi dai dibattiti in TV. Non cedere alle provocazioni è sicuramente un bel gesto, ma che non appartiene di certo ai giorni nostri. Quello che non riesco a spiegarmi è perché, non si colga l’occasione, ogni volta che si presenta, di riportare alla luce la storia di un decennio di berlusconismo, ribadendo di volta in volta tutti i passaggi che hanno portato il nostro paese alla soglia della bancarotta, alla radicalizzazione dell’illegalità, alla perdita sistematica dei diritti del popolo.
Siamo troppo signori? Siamo troppo per bene da ribattere colpo su colpo alle offese alla dignità che subiamo proni e zitti?
Sempre per restare in tema di magistratura e legalità, non ci resta che sperare in un ultimo atto dignitoso del presidente della Repubblica, ovvero la mancata firma della legge Pecorella, una legge scritta dal difensore del presidente del consiglio, per salvargli ancora una volta le chiappe dalla galera, per il caso SME. Ma questa sì che è utopia.
Rita Pani (APOLIDE)

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