5.23.2005

 

Terrore a Cuba

Ho appena letto il resoconto della drammatica avventura occorsa alla giornalista di Repubblica a Cuba. Davvero un’ esperienza drammatica che per lunghi attimi ha fatto correre un brivido lungo la mia schiena; un’avventura da far sembrare quella della Sgrena, in Iraq, una passeggiata di salute.
Un racconto scritto con dovizia di particolari, alla Stephen King.
Il terrore della giornalista al momento di salire sull’auto color kaki, vecchia degli anni 70, un pezzo da museo che solo a Cuba può circolare e sgommare, correre lungo la strada verso l’aeroporto. Il disprezzo per i cubani che la fanno accomodare in sedie similpelle, e che dire dell’onta subita quando la costringono a pagare la Cocacola che nemmeno aveva ordinato?
Sono cose che colpiscono l’opinione pubblica e che in fondo rincuorano i nostri poveri animi, ricordandoci che noi, sì, abbiamo la democrazia.
La giornalista ammette candidamente di aver violato le leggi di un paese straniero, ma tiene a precisare che, se è stata espulsa è perchè Fidel Castro è un dittatore.
Fidel Castro è un dittatore perchè espelle dal suo paese chi vìola le leggi.
In effetti sono stati due i giornalisti italiani rimpatriati, ma ammetto candidamente di aver omesso di leggere l’altro racconto dell’altro protagonista, pensando che uno fosse più che sufficiente, anche perchè dal titolo sul Corriere era facile capire che a Cuba fosse peggio che in Iraq. Tanto mi è bastato.
Sarebbero molte e troppo scontate le cose da dire, per esempio pensando a Guantanamo dove un numero imprecisato di persone vengono torturate a volte uccise, vengono sottoposte a qualunque genee di umiliazione fisica e morale, senza che nessuno possa raccontarle. Non unltimo l’episodio, poi smentito, del Corano gettato dentro una latrina.
Chissà poi se la brava giornalista, offesa da un rimpatrio incruento su un reperto di *archeologia industriale* si sia chiesta il perchè a Cuba certi cartorci possano ancora girare per le strade, dove comunque non ci sono riservisti dell’esercito che ti sparano addosso, rendendoti l’ultimo eroe dei giorni nostri.
Ma per non fare quelli che frugano nell’ immondizia altrui si potrebbe dare uno sguardo dentro ai nostri cassonetti, quelli della libertà di opinione e di manifestazione come a Genova, alla scuola Diaz e Bolzaneto, alla cinquantina tra militari e poliziotti rinviati a giudizio. Ma come ho detto sarebbe scontato, come lo sarebbe riportare l’allarme di Amnesty International e dell’Europa che denunciano l’Italia per il mancato rispetto dei diritti civili degli immigrati.
Ci sono dittatori e dittatori, un po’ come i detersivi uno laverà un po’ più bianco dell’altro. Bisognerebbe poter scegliere e se fosse per me, tra Castro, Bush e i detersivi più o meno autorevoli ma sempre democratici offerti dall’Italia o dall’Inghilterra, continuerei a comprare Castro mai reo di aver prodotto della pubblicità ingannevole.
Basterebbe provare a dichiararsi comunisti all’arrivo sul democratico suolo statunitense, per vedere se ti si lascia passare il varco dogana, oppure ricordarsi delle suore cattoliche arrestate tre anni fa a New York per aver partecipato ad una manifestazione per la pace.
Nonostante tutto però, quel che giusto e giusto ed allora tutta la mia solidarietà e comprensione vada a Francesca Caferri; è davvero inacettabile che non sia stata trasportata in un SUV con i gommoni larghi quanto una Panda, e che abbia dovuto poggiare le chiappe su una scomoda sedia in similpelle che peraltro fa pure sudare.
Rita Pani (APOLIDE)


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